“Restare in Calabria? La cosa migliore”. Dal pm Curcio alla coop Goel le esperienze raccontate ai ragazzi al convegno LegalMente.

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Da sin. Damiano Minervini, Ernesto Alecci, Teresa Pittelli, Salvatore Curcio, Vinenzo Linarello e Serena Peronace
La platea del teatro comunale

Il sapere dell’esperienza per sviluppare consapevolezza sulla legalità. L’obiettivo del convegno LegalMente che si è svolto nei giorni scorsi al teatro comunale di Soverato, organizzato dall’equipe ReI ambito di Soverato all’interno del Pon Inclusione, ha centrato l’obiettivo fissato: trasmettere ai circa 300 ragazzi in sala, rappresentanti degli istituti secondari cittadini statali e paritari, il valore dell’esperienza nel vivere all’insegna della legalità. Il metodo scelto dagli organizzatori per coinvolgere i ragazzi è stato quello di puntare sull’esperienza diretta dei protagonisti dell’incontro, anziché su lezioni ex cathedra. Concetto reso chiaro dal sindaco, Ernesto Alecci, che a inizio convegno si è rifiutato di sedersi dietro al tavolo della presidenza, preferendo far spostare sedie e ospiti direttamente davanti al pubblico.

Tre i diversi punti di vista presentati agli studenti: quello della cooperazione, quello dell’amministrazione, quello della repressione dei reati. A presentare ciascuno di questi argomenti, eccellenze calabresi che per coincidenza (ma in tal caso non esiste la coincidenza) sono rientrate in Calabria dopo esperienze di studio o lavoro fuori. Ad aprire le danze il saluto di Alecci. “Guardandovi ricordo la mia classe del liceo scientifico: eravamo in 26 e di questi compagni ne sono rimasti qui un paio”, ha raccontato il sindaco, bocconiano che ha deciso di tornare interrompendo la carriera milanese. “Ma vi dico una cosa: è bello portare alto il nome della Calabria fuori, ma è ancora più bello costruirsi un grande futuro qui e vi garantisco che si può”. Come? Ad esempio avvicinandosi alla cosa pubblica. “Ho scelto la politica per passione: interessatevene anche voi – ha esortato Alecci – perché da qui passa il vostro futuro e quello della vostra terra”.

Tra i motori di cambiamento, proprio il sociale, troppo spesso trascurato, sia nei bilanci degli enti locali e del governo che dall’agenda mediatica. “L’ambito di Soverato è un terreno che ho trovato stimolante, con ottime professionalità che lavorano e raggiungono risultati”, ha commentato Damiano Minervini, presidente Innotec, la cooperativa che gestisce il progetto. “E in giro per l’Italia e all’estero vedo sempre grandi professionisti calabresi: credo dobbiate cominciare ad applicarvi nella vostra terra! E se pensate che non ci sia niente, bene createlo voi. Oggi con le possibilità offerte dalle reti informatiche si può fare start up ovunque, il mondo l’avete nel vostro smartphone”.

Locandina del convegno LegalMente

Serena Peronace, coordinatrice dell’equipe ReI e del progetto Il sapere dell’esperienza, ha spiegato l’azione portata avanti con l’Itt Malafarina, mirata a far loro vivere da dentro le diverse realtà oggetto di focus, dalla violenza di genere alla prevenzione dalle tossicodipendenze alle storie dei migranti, conoscendone in sede ospiti, operatori, obiettivi e modus operandi, in modo da trarne una narrazione personale, base per un’elaborazione concreta del messaggio. Anche Peronace, psicoterapeuta laureata a Padova, ha scelto di tornare a Soverato, “città in cui credo tantissimo – ha sottolineato – e nella quale ho scelto di lavorare”. Già. Ma come dare il proprio contributo qui quando tutti ti dicono che non c’è lavoro, non c’è futuro, non c’è meritocrazia?

“Innanzitutto occorrerebbe fare una cosa semplice che a noi calabresi sembra a volte costare molto: sostituire il noi all’io”, è la risposta di Vincenzo Linarello, presidente di Goel, cooperativa che in pochi anni ha sottratto alla ‘ndrangheta interi spazi di dominio, fisico e psicologico, nella piana di Locri, arrivando ad avere ora all’attivo circa 350 dipendenti e una miriade di collaborazioni con aziende e professionisti. “L’esperienza di Goel per il cambiamento e il riscatto della Calabria è interamente fondata sul cambio di mentalità, sulla rivoluzione culturale”, ha sottolineato Linarello. E non si tratta solo di ‘ndrangheta, ma di far valere l’etica in un territorio “dove rischia di prevalere l’ossequio, la fedeltà per il favore ottenuto, la gratitudine alle consorterie perché sono utili a sistemare i figli, piuttosto che le compentenze professionali, come si vede nell’alta percentuale di inetti che occupano posti di responsabilità”. Tra i risultati di Goel raccontati da Linarello, il recupero dell’antica tradizione della tessitura a mano, che ha dato vita al marchio di alta moda Cangiari, protagonista alle sfilate di Milano; la presenza nelle campagne con cooperative che riescono a tenere testa alle pressioni mafiose e a distribuire i prodotti agricoli, come le arance, a un prezzo equo; i “Viaggi di Goel” che portano i turisti nelle aziende degli operatori vessati o rovinati dalla ‘ndrangheta; il “Campus” che fa da incubatore a idee innovative che possono presentare tutti.

E la ‘ndrangheta è stata a guardare? No. Linarello è un fiume in piena. “A un certo punto abbiamo avuto in una zona sette attentati in sette anni. Ma la nostra strategia è stata semplice. Un popolo depresso ha bisogno di loro, un popolo che spera è indomabile. Dando speranza alla comunità abbiamo ricevuto il sostegno della gente, che piano piano ha cominciato a mettere mano al portafogli per ricostruire le attrezzature danneggiate. Siamo diventati un simbolo. Abbiamo un ufficio comunicazione che è una macchina da guerra e appena c’è un incendio o un’aggressione punta i riflettori delle tv e dei giornali locali e nazionali sul territorio”. Insomma: senza gli attentati non avremmo avuto attrezzi nuovi e l’attenzione a livello nazionale. Gli ‘ndranghetisti hanno capito che non gli conviene più”. Una rivoluzione, appunto, che parte dalle coscienze e dal mettersi insieme per cambiare.

Una lectio magistralis su come la ‘ndrangheta affilia i propri “picciotti” e sulla carriera interna fino ai massimi vertici di “santista”, su come riesce ad approvvigionarsi di droga e rivenderla, su come ricicla le enormi quantità di denaro guadagnate, su come mantiene il controllo su un territorio è stata quella di Salvatore Curcio, a capo della Procura della Repubblica di Lamezia Terme. “Anche io ho studiato fuori ma ho deciso di tornare in Calabria e lavorare qui”, ha detto il magistrato ai ragazzi, soffermandosi con loro sull’importanza di studiare molto, formarsi una coscienza critica e sull’essenzialità della coerenza dei comportamenti rispetto ai propri principi.

Ma l’incontro è andato anche al di là dell’obiettivo prefissato coinvolgendo i ragazzi, prima a stento, poi a rubarsi il microfono l’un l’altro, una volta rotti gli argini dell’imbarazzo a parlare in pubblico, sulle loro prospettive future in questa terra. E sul ruolo di persone come Curcio, Linarello, Minervini e gli altri relatori per indicare una via possibile. Se non indispensabile.

Teresa Pittelli

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