Aggressività e rabbia al nido? No panic, sono i “terrible two”.

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Vivipoppins....saggezza pedagocica in pillole!

Aggressività e rabbia al nido nei bambini di due o tre anni circa. Oggi voglio condividere con voi una delle preoccupazioni che occupa spesso i pensieri e le domande dei genitori dei miei bimbi dei nido: l’aggressività e la rabbia espressa all’età di 2-3 anni, in un contesto sociale come l’asilo nido (ma vale anche per altri luoghi di aggregazione, il parco giochi, la spiaggia, la ludoteca).

Il conflitto per i bambini è un modo di entrare in relazione.

Partiamo da un dato che non sempre si tiene presente: il conflitto è una delle modalità con le quali il bambino entra in relazione con gli altri. Una modalità che fa parte del lungo processo di acquisizione della sua competenza sociale. Educare alla socialità significa partire dall’accettazione del conflitto – che non è giustificazione – aiutando il bambino a risolvere le situazioni in modo pacifico, non solo per ragioni di tipo morale o moralistico (aggressività e rabbia al nido intesa come bene o male) ma perché comporta un danno non solo per chi lo subisce ma anche per chi lo produce. Mi capita molto spesso di incontrare genitori spaventati dall’esperienza del proprio figlio come “vittima” o come “aggressore”. E mi chiedo non solo come educatrice all’interno di un vasto confronto sul tema con i colleghi di tutto il mondo, ma anche come genitore, cosa sia meglio quando i nostri bimbi tornano a casa con un morso o un graffio stampati sul corpo: tenerli lontani dagli altri bambini o dar seguito al percorso scolastico fidandoci degli educatori?

L’aggressività può anche non avere nè causa nè colpevole!

Per decidere cosa sia meglio, è importante comprendere un concetto difficile per noi adulti: l’aggressività può essere spontanea, cioè senza causa e senza colpevole. Il bambino di due o tre anni che usa un comportamento apparentemente incomprensibile, come mordere o graffiare un coetaneo, non sa dare una spiegazione del suo gesto. In queste situazioni, che sono le più frequenti e non vanno confuse con un’aggressività sistematica e strutturata (per la quale occorrerebbe allora approfondire), il piccolo non è stato minacciato o insidiato, né aggredisce per goffo e maldestro tentativo di relazionarsi all’altro o ribadire il suo potere relazionale sull’altro (in tutti questi casi il senso sarebbe chiaro per l’adulto e la strategia educativa facilmente individuabile). L’aggressione può quindi essere riferita solo al mondo interno del bambino, alla sua passionalità “autentica” e istintiva, non ancora mediata dalla capacità di pensiero razionale e condivisibile. Siamo di fronte ad un vissuto emozionale profondo e per questo è “senza senso” per noi adulti. Questi comportamenti sono specifici della primissima infanzia e tendono a essere rimpiazzati, dopo i 3 anni, da forti progressi cognitivi, sociali e culturali.

Inutile incolpare la famiglia o rincorrere i perché: con il tempo passerà spontaneamente.

Poco utile, allora, rincorrere gli eventuali “perché” o incolpare la famiglia per il comportamento del bambino. Si può ipotizzare, invece, che alcuni tratti dei bambini “vittima” (lineamenti particolari, postura, timbro di voce, odore o altre cose “insignificanti” per l’adulto) possano suscitare nell’ “aggressore” vissuti emotivi ambivalenti o negativi, legati alla sua breve storia. Vissuti che scatenano le reazioni impulsive di difesa verso una percepita “minaccia esterna”. Questi meccanismi sono del tutto fuori dalla consapevolezza del bambino e pertanto sarà per lui impossibile dire perché ha aggredito. È da sottolineare che questi comportamenti sono normali nei bambini in età da nido e non sono predittivi di alcun tipo di disturbo. La strategia educativa non prevede che si elimini il “problema”, sarebbe un obiettivo poco realistico e probabilmente fallimentare. L’obiettivo degli adulti è piuttosto quello di evitare che il comportamento crei ulteriori complicazioni. Sarà infatti la forza evolutiva di ogni bambino, con il tempo, a far rientrare il comportamento entro parametri “socialmente accettabili”.

*Viviana “Vivipoppins” Vitale, pedagogista ed educatrice

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