Waterfront, i dubbi e i pericoli della proposta del Comune. L’editoriale di Antonio Riverso.

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Antonio Riverso
Antonio Riverso

Il luogo/Il tratto di costa soveratese sul quale insiste il progetto integrato di sviluppo locale cosiddetto “waterfront” si caratterizza per tipicità e unicità. Se la vista del mare, cioè la sua azione quasi materna, ci viene sottratta, continueremo a maledire i sottrattori di viste paesaggistiche ripaganti. I “vuoti” lasciati liberi dalla modificazione antropica dell’arenile non possono essere fertilizzati da inserimenti senza senno. Allora si dirà: come aumentare il livello di qualità dell’offerta di servizi al bisogno di svago, senza produrre sia pure un minimo di antropizzazione fisica dell’ambiente interessato? Come interconnettere differenti funzioni urbane destinate allo svago e tempo libero senza che l’elemento di connessione, cioè il lungomare, assuma un ruolo secondario?

Il progetto/Le informazioni assunte dal progetto preliminare lasciano margini troppo ampi di discrezionalità nella proposta progettuale complessiva, ovvero mancano i limiti/indirizzi che devono mirare al difficile raggiungimento di qualità nella riconfigurazione della delicatezza di quest’area. Quali modificazioni  di paesaggi si potrebbero originare o come potrebbero “degenerare”? Nei luoghi magici non può essere consentito di irrompere con brutalità, cioè modificare irreversibilmente il paesaggio: allora servirebbe attuare un intervento complesso che definirei a “metabolismo attivo”, integrato da proposte di architettura urbana amovibili. Ma questo è quasi impossibile, difficilissimo, molto costoso nell’impianto tecnologico e nella sua gestione manutentiva.

La piazza Amerigo Vespucci/ Che impatto può avere una cavea con 840 posti a sedere con l’orchestra adagiata sulla sabbia? Pensiamoci. Per un lungo periodo dell’anno (nove, dieci, forse undici mesi) il lungomare è essenzialmente destinato alle normali attività tipiche dei waterfront intimamente connessi alla città: passeggiare, socializzare, bere una sorso di….., portare a spasso i bambini, consentire agli anziani di ritrovarsi in ambiente piacevole per ritrovare antichi amici. Ma anche i cani. Qui veniamo anche da soli per vedere i pescatori della domenica che attendono in piedi. Qui noi ci fermiamo per lunghi tratti per sentire, per odorare il mare. Per lasciar riposare i nostri pensieri dentro i suoi riflessi e le sue onde. Per rinnovare costantemente il legame con l’acqua di cui non possiamo essere privati, cioè non può essere sottratto all’ammirazione dello sguardo uno scorcio fra i più belli d’Italia! Anche solo un metro in più proposto all’intervento perché sia “cementato” diventa sottrazione.

Mi si obietterà che potremmo fare il sacrificio solo nel periodo estivo (o ogni qualvolta ne avremmo il bisogno). Concerti, attività piccolo-sportive tipiche nei luoghi con sabbia di mare, raduni festanti e altro ancora. Come ritornerà l’ambiente a fine spettacoli o tutt’al più a fine del periodo estivo? Qui non possono  essere proposti gesti occasionali, permanentemente posati in riva al mare. Ogni nostro atto di fantasia, per architetture concrete, non può che essere un atto di amore perché assieme ad una pretesa di elevare la socialità estiva, il mare possa rimanere ancora madre capace di scandire sequenze di azzurri e di verde in fondo. Quasi fotogrammi di un paesaggio che non stanca ogni volta che lo rivedi. Insomma qui deve sapersi che ci si trova a Soverato e non altrove!

E poi, è proprio necessario un teatro per 200 chiacchieroni acculturati che ricercano come non fare impigrire il loro desiderio di trasmettere pensieri pubblici? Questa “gradonata” destinabile alla cultura o alle parole ciabattate non è in ubicazione calibrata rispetto al luoghi che la contornano. Non è difficile congetturare ipotesi di inquinamento acustico prodotto dalle discoteche e che gioco forza sarebbero costrette a zittire la musica per non corrompere chiacchiere e filosofie letterarie. Perché prevedere tutto questo in riva al mare, quando diventa etico salvare altre parti della città, quelle dove operare la rigenerazione delle funzioni urbane pubbliche – elevando la dignità complessiva della nostra “capitale” del basso jonio? Se consideriamo “centro” solo il waterfront (e le aree intorno), tutto il resto diventa periferia. In questa invece dovremo vivere meglio tutto l’anno, non solo d’estate!

Antonio R Riverso architetto

International Academy of Architecture Professor

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