Ore e giorni molto caldi per la discussione sulle unioni civili previste dal cosiddetto ddl “Cirinnà” in discussione al senato. E anche in questo territorio, tradizionalmente cattolico e dove è forte l’impronta salesiana, il dibattito si infervora soprattutto sui social, tra chi invoca l’approvazione per intero della legge che riconoscerà le coppie omosessuali come specifiche “formazioni sociali”, con la previsione della discussa “stepchild adoption”, l’adozione del figlio biologico del partner, e chi invece vi si oppone con fermezza, in tutto o in parte. Tra i primi, stando alle roventi polemiche social, esponenti della società civile sempre attenti all’attualità come Francesco Cento, che ne sta facendo una “battaglia di libertà civile contro l’ipocrisia”, o storici socialisti come Pino Nucera, che con i suoi consueti modi schietti – a proposito del voto segreto sul Cirinnà chiesto dal capo della Cei Angelo Bagnasco – ha sostenuto che “Bagnasco deve farsi i ca…voli suoi!”, visto che “c’è una legge che si chiama Concordato e lui è tenuto a rispettarla”.
Tra i secondi, invece, ci sono “Don Bosco boys” come Gabriele Francavilla, animatore dell’opera salesiana. “A Sanremo possono andare coi fiocchetti a favore delle unioni civili e poi si dice alla Chiesa di fare la Chiesa e non intromettersi ? E tutta questa pubblicità non è al quanto scorretta?”, ha chiesto Francavilla sul suo profilo facebook, suscitando la risposta di un altro giovane di origini soveratesi, Vincenzo Pizzolo, secondo il quale “il nastrino più che pubblicità è simbolo di solidarietà per chi è rimasto l’unico in Europa a vedersi negati diritti fondamentali”. D’accordo con Francavilla, invece, un altro trentenne, Alessandro Catalano, esponente dell’associazionismo cattolico con l’associazione Don Bosco e Noi e vicesindaco di Satriano, che si schiera a favore del voto segreto “lasciando libertà di coscienza”, perché “vanno sì tutelate le libertà individuali ma non si può legiferare per rendere naturale ciò che non lo è, né essere di sinistra significa fare braccio di ferro con la natura”. Sulla stessa linea Emanuele Amoruso, amministratore comunale di Soverato e storico democristiano, propenso all’estensione dei diritti alle unioni civili omosex, ma con un “alt” su alcune questioni etiche come quelle relative alle adozioni.
A suonare la carica dei “no” al ddl, partendo da una delle più profonde radici cattoliche della città come quella salesiana, oggi è però don Gino Martucci, direttore dell’istituto S. Antonio da Padova. “Tre cose non condivido del ddl Cirinnà per le ricadute che avrebbero sulla nostra società: il pericolo di mistificare il concetto di matrimonio, al di là delle terminologie adottate; poi il considerare “diritto negato” quello che invece è un’esigenza-desiderio – spiega don Martucci in un’intervista all’Esuberante.it. – e infine la cosa più preoccupante: il timore di un aumento esponenziale per la pratica (vietata in Italia, ndr) dell’utero in affitto”. Don Martucci a quest’ultimo riguardo pone alcuni dubbi-chiave: “La strada della gestazione surrogata potrebbe essere più appetibile una volta che in Italia si potrà adottare il bimbo figlio biologico del partner, e a me sembra aberrante. Basta pensare ad aspetti, spesso trascurati, come il fatto che si strappa un bambino dalle braccia della mamma e dal seno che dovrebbe allattarlo, con tutti i benefici psicologici e fisici di questo abbraccio materno”, è la riflessione di Don Gino, che individua anche un altro spunto critico nel “giro di soldi che ruota intorno a tutto questo”.
Don Gino racconta che con gli studenti che frequentano l’istituto, circa 200 ragazze e ragazzi dai 13 ai 19 anni, tra scuole medie e liceo classico, se ne sta parlando molto in questi giorni. “Ci piace ascoltare le loro opinioni, confrontarci con le loro idee e dialogare su temi così complessi. Molti di loro mi dicono che in nome dell’amore devono cadere barriere e pregiudizi, perché l’amore è comunque una bella cosa. Benissimo. Sono d’accordo anche io – osserva il direttore dell’istituto – ma non facciamo del desiderio di avere bambini o di essere sposati una questione di diritti negati, perché i diritti negati a mio parere sono altri”. Al di là del riconoscimento dei diritti-doveri derivanti da una convivenza, come quelli successori o di reciproca assistenza, dunque, quello che preoccupa don Gino sono “le implicazioni che stravolgono la maternità e la paternità”, che lui considera “visioni estreme, con le quali ci facciamo del male da soli”. Un monito, quello di don Gino Martucci, che arriva a pochi giorni dalla ripresa dell’esame del ddl in aula, martedì prossimo. E che segna un altro tassello del dibattito cominciato nei giorni scorsi tra opinioni e visioni diverse ospitato sulle nostre colonne.
Teresa Pittelli