Un caso delicato. I genitori di un ragazzino un lato, un preside dall’altro. Un caso che abbiamo fin qui preferito tenere riservato nel rispetto della privacy dei minori coinvolti. Divulgandolo, infatti, si è spesso puntato il dito contro l’una o l’altra parte, senza tenere insieme i pezzi di una storia che coinvolge un minore della scuola media U. Foscolo di Soverato, trovato lo scorso anno in possesso di un preservativo ancora sigillato nella gita scolastica di prima media. E punito con l’esclusione dalla gita dell’anno seguente.
Secondo la versione emergente da questi post, scritti in questi giorni da alcuni professori e genitori, i fatti sarebbero un po’ più complessi. Ma non sarebbe corretto valutare qui i dettagli della vicenda, a meno di non produrre testimonianze e accertamenti che competono invece, e sono infatti al vaglio, di autorità giudiziarie e istituzioni. Ora però il caso ha valicato i confini locali, familiari, scolastici e istituzionali per approdare sui media in maniera dirompente. Da ultimo con la pubblicazione sul sito e sul profilo facebook della parlamentare calabrese del M5S Dalila Nesci dell’interrogazione alla ministra all’istruzione Stefania Giannini, in seguito all’audizione del 10 giugno davanti al Garante per l’infanzia e adolescenza del preside e dei genitori del ragazzino.
“Ho chiesto accertamenti sui dirigenti apicali dell’istituto e dell’#UfficioScolastico della Calabria, sia per verificarne l’adeguatezza rispetto al ruolo pubblico svolto, sia per consentire alla scuola in questione, dell’obbligo, di assolvere alla sua funzione educativa senza discriminazioni e penalizzazioni a danno degli studenti. Alla luce della compiuta relazione del Garante, il minore in questione è stato gravemente prostrato, in quanto punito in ritardo e senza la possibilità di difendersi. La scuola non ha poi previsto un percorso di formazione per il ragazzo”, scrive Nesci. “La scuola non ha badato alla maturazione del bambino, quasi isolato come portatore di un virus. Siamo di fronte, come ha illustrato il Garante, a mancanze pedagogiche molto evidenti della scuola, che ha gestito in modo anomalo la vicenda – conclude – venendo meno ai propri doveri educativi”. Nesci fa riferimento alla relazione del Garante, che imputa alla scuola violazioni formali e sostanziali, reputando in particolare la funzione della sanzione irrogata a distanza di un anno “meramente punitiva e non educativa”.
Una presa di posizione netta che però ha scatenato un fuoco di fila di proteste e levate di scudi, in gran parte provenienti da professori, genitori, alunni ed ex-alunni delle scuole dirette dal dirigente in questione, Domenico Agazio Servello, in forza all’istituto comprensivo U. Foscolo e all’Itt Malfarina della cittadina. In tanti si schierano a difesa del dirigente, parlando di “accanimento” contro di lui, rinnovandogli stima e solidarietà, ricordando il suo operato e le prese di posizione a tutela dei minori più deboli – anche con percorsi e progetti recenti – per insegnare ai ragazzi il rispetto degli altri e in particolare delle donne. “Che ben venga l’intervento del ministro a verificare l’operato di un uomo che ha capacità progettuali, organizzative e indiscutibilmente umane nei confronti dell’utenza”, si legge in uno degli oltre cento messaggi comparsi sul social a commento del post di Nesci, mentre altri le chiedono “di verificare i fatti e scusarsi pubblicamente”. Alcuni studenti, tra i quali il loro rappresentante Antonino Iorfida, lanciano anche l’hashtag #giùlemanidalnostropreside. Gran parte della comunità scolastica, insomma, si stringe intorno al “suo” dirigente.
Da tutta la storia, fermi gli esiti degli accertamenti e le conseguenti verità processuali e istituzionali, è emersa intanto una discussione sull’educazione, anche sessuale, dei nostri ragazzi, sulla difficile missione educativa della famiglia e delle scuole, sulla funzione delle punizioni. Tanti gli elementi in gioco, in effetti, per essere riassunti in un titolone di giornale o in post su facebook, sparando a zero in un senso o nell’altro, puntando il dito, avendo a che fare con situazioni che per età e consapevolezza andrebbero maneggiate con cura. La speranza è che dopo il polverone si possa sviluppare questa riflessione, collettiva e tra le parti, che tenti magari di raggiungere un punto di equilibrio tra visioni differenti, nel nome della crescita morale e culturale dei nostri figli, ma prima ancora della società.
Teresa Pittelli