Soverato, la politica di Mancini può ancora insegnare? Presentato ieri nuovo libro di Drosi.

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Da sinistra, Nicola Irto, Michele Drosi e Pietro Melia

Un libro su Giacomo Mancini nel centenario della sua nascita. Può un impegno così fervido, produttivo e determinato, appartenente alla sfera del passato essere presente ancora oggi? In ricorrenza del centenario della nascita dell’esponente più celebre del Partito Socialista Italiano, nonché ministro della Repubblica, può essere utile ricordare alle nuove generazioni, ma anche alle vecchie, cosa la figura di Mancini abbia rappresentato per il territorio nazionale ma soprattutto per il meridione, in particolar modo per il territorio calabrese?

La risposta per Michele Drosi, sindaco di Satriano e dirigente del Pd, è evidentemente sì. Drosi ha presentato ieri alla Libreria Incontro di Soverato il suo nuovo libro La politica di Giacomo Mancini per la difesa del suolo e la tutela del paesaggio. Un libro che ripercorre gli “step” più importanti della politica manciniana: la spinta che riuscì a dare da ministro della sanità imponendo l’introduzione del vaccino antipolio Sabin, la realizzazione dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria da ministro dei lavori pubblici, la tanto ormai conosciuta “legge-ponte” (legge 6 agosto 1967 n. 765), basata su una serie di disposizioni all’avanguardia rispetto alla legge urbanistica del 1942, che ancora oggi usiamo come punto di riferimento. Si batté anche in primissima linea per i diritti civili: a cominciare dalla battaglia per il divorzio.

Nel libro non manca il riferimento alla vicenda giudiziaria che prese l’avvio nel 1993 e che lo vide coinvolto dopo la sua rielezione a sindaco di Cosenza. Alcuni pentiti infatti lo accusarono di presunti rapporti con cosche mafiose del reggino e di Cosenza. Alla smentita seguì la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa emessa dal Tribunale di Palmi, il 25 marzo 1996. La Corte d’Appello di Reggio Calabria, il 24 giugno 1997, annullò la sentenza per incompetenza territoriale, rimandando tutti gli atti a Catanzaro, che il 19 novembre 1999 vide l’assoluzione da parte del giudice Vincenzo Calderazzo per l’udienza preliminare; egli dichiarò estinto per prescrizione il reato di associazione per delinquere, mentre per quello di concorso esterno in associazione mafiosa assolse Mancini perché il fatto non sussiste. Il processo d’appello, fissato a fine giugno del 2000, venne rinviato e non ebbe mai inizio.

Tra i vari interventi del pubblico, l’introduzione di Drosi e il commento del presidente della Regione Nicola Irto, la presentazione – moderata dal giornalista Pietro Melia – si è protratta fino alle 20 circa. Curioso l’intervento animoso di Franco Mercurio, segretario Pd di Satriano, che ha evidenziato una tangibile ma amara verità, ossia quella che dopo Mancini non ci sia più stata una vera e propria azione politica mirata a quegli stessi miglioramenti e benefici per la collettività. “Si è parlato di un Giacomo Mancini ministro, e allora noi dobbiamo pensare che ha risolto più lui da ministro, da Roma, che tutti gli altri dopo l’avvento delle Regioni”, ha osservato Mercurio. Certo, i libri in questi casi oltre a leggerli bisognerebbe usarli come esempio. Se così fosse infatti, se dopo Mancini c’è stato il nulla più completo, il libro di Drosi potrebbe essere utilizzato come piccolo dizionario politico, per quando ai vertici capitano quei turisti della politica che, quella lingua, non la sanno proprio parlare.

Lorenzo Papasodero (testo, foto e video)

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