“Sono arrivati in Comune, un po’ emozionati, due uomini sulla trentina, chiedevano se fosse possibile sposarsi, se avessimo potuto seguire l’esempio di Ignazio Marino quando era sindaco di Roma. Gli ho risposto che al momento non era possibile. Ma per quanto mi riguarda va benissimo riconoscere alle coppie gay gli stessi diritti di quelle sposate: era ora!” Così parla Sara Fazzari, assessore alle politiche sociali del Comune di Soverato, nel giorno in cui il ddl Cirinnà affronta l’arena dell’aula di palazzo Madama. Con laceranti tensioni nel Pd e nella maggioranza di governo, soprattutto per quel che riguarda “l’adozione del figlio del partner”, conosciuta in questi giorni con il termine inglese stepchild adoption.
Domanda. Assessore, allora è tempo di riconoscere le unioni civili cosiddette “arcobaleno”?
Risposta. Certamente! Sono anni che mi confronto con persone nella cerchia di amici e conoscenti che sono in coppia ma hanno difficoltà a sentirsi pienamente parte della società, sopportano umiliazioni e discriminazioni in alcuni ambiti, vogliono essere sicuri di poter assistere il partner in caso si ammali o di poter restare magari nella casa condivisa per una vita.
D. Cosa pensa dei richiami della chiesa cattolica, che su queste colonne si è espressa attraverso le parole del direttore dell’istituto salesiano, don Gino Martucci, a fare attenzione nell’equiparare in toto la voglia di amare (nella sfera privata) ai diritti da riconoscere (nella sfera pubblica)?
R. Rispetto naturalmente don Gino Martucci, ma credo che laddove ci sia amore lì ci possa e debba essere una famiglia, riconosciuta anche dallo stato nei suoi diritti e nei suoi doveri.
D. Compreso quello di procreare e “fare famiglia” adottando il figlio biologico del partner?
R. No. Su questo anche io pongo una questione morale: per me un figlio ha bisogno della figura materna e della figura paterna, sia per nascere che per crescere. Forse stare insieme ed essere una famiglia in amore e in libertà dovrebbe contemplare anche la presa di coscienza che avere un figlio non è necessariamente un diritto da procurarsi a tutti i costi.
Teresa Pittelli