Il terzo appuntamento di Destate emozioni ci ha riportato indietro nel tempo con la presentazione del libro “Re Pepe e il vento magico” in piazza Matteotti. Una raccolta di fiabe 100 per 100 calabresi che già nell’anno 1929, il letterato ed etnografo Letterio di Francia aveva capito il preziosissimo valore e l’ importanza di trascrivere queste storie che venivano passate di bocca in bocca e narrate principalmente dalle donne di paese. Una presentazione diversa questa del “Re Pipi” come lo chiama Vito Teti, antropologo calabrese e gran conoscitore dell’autore, che accompagnata dal racconto audio sia in italiano che in dialetto della fiaba che ha dato nome al libro, ha fatto sognare e ridere il pubblico con le vicende di una reginotta impaziente di trovare lo sposo ideale, tanto da non aspettare che arrivi e decidere di prepararselo su misura, con le sue mani, passando messi a setacciare e impastare, disfarlo e rimpastarlo, fino a che non viene fuori il suo sovrano col peperoncino in bocca (perché il matrimonio alla calabrese deve essere saporito…).
Bianca Lazzaro, curatrice e traduttrice del libro, sostiene che gli stereotipi che sovrastano l’immagine di una Calabria tradizionalista qui vengono rovesciati. In primis c’è la determinazione e furbizia femminile, con protagoniste estremamente volitive. “Non sono figure passive, ma piene di iniziative fantasiose e bizzarre come quella di impastarsi un marito da sole”. Un altro stereotipo che si smonta, è quello del popolo silenzioso, passivo, “mortoso”. “Qua ci sono un sacco di fiabe dove si insiste sulla parola, c’è la reginotta che vuole far parlare Re Pepe, o la ragazza che crea una pupa di pezza e a cui viene data la parola a furia di insistere. C’è la voglia di comunicare, chiacchierare, farsi sentire”, spiega Lazzaro.
Dopo la scoperta del testo originale di Letterio di Francia nella Biblioteca di Catanzaro, gli editori hanno voluto mantenere la versione originale di Re Pepe per la “necessità di rendere fruibile le fiabe della tradizione popolare calabrese”, chiarisce Carmine Donzelli, editore specializzato nella narrazione favolistica. Invece, nella versione di Italo Calvino, il peperoncino viene sostituito dalla bocca di Re Pepe per disegnare un peperone al posto del naso. Uno spostamento che sembrerebbe spegnere la carica erotica del racconto, poiché molto spesso si dice che il mangiare è metafora dell’amore. E al riguardo, Donzelli ci introduce la spiegazione “gastro-antropologica” di Vito Teti sull’importanza del cibo nell’identità calabrese. Lui reputa che la versione di Di Francia sia più ricca e originale rispetto a quella di Calvino per l’allusione alla bocca in non solo come luogo da cui si assume il cibo ma anche quello del parlare, del racconto con l’accento dialettale. “In nessun altro repertorio fiabesco il cibo è celebrato con tanta ossessione: forse veniva associato alla sofferenza alimentare e alla speranza di un futuro di abbondanza”, dice Teti, dando forse una spiegazione alla nostra passione-ossessione non solo per il cibo ma anche di parlarne continuamente.
Infine, una raccolta di 61 storie della miglior tradizione fiabesca e popolare calabrese. Un libro che raccoglie le avventure di personaggi dei nomi strani che ricordano spesso quelli più noti delle fiabe europee, ma qui li troviamo in un contesto mediterraneo e dialettale, più nostro. Lazzaro lo considera un vero “tesoro che merita la ribalta nazionale e internazionale” e Teti ritiene che “questa è una delle operazioni culturali ed editoriali tra le più intelligenti, innovative e più belle fatte per la Calabria, per il Meridione e per l’Italia”.
Isabelle Nieto