*Preme innanzi tutto ribadire la propedeucità, all’odierna rimodulazione del piano di riequilibrio, delle deliberazioni richieste dalla minoranza consiliare con le note del 24.09.15 e 12.10.15 in ordine a: 1) riconoscimento legittimità debito fuori bilancio vertenza germani Caminiti; 2) I^ variazione al bilancio di previsione 2015 e al triennale 2015-2017 ex art. 175 D.Lgs. n. 267/2000: denuncia di minori entrate per trasferimenti erariali e denuncia di maggiori uscite per copertura quota ammortamento capitale anticipazione Cassa Depositi e Prestiti e per quota ammortamento maggior disavanzo all’01.01.2015 a seguito del riaccertamento straordinario dei residui.
Nonostante le formali richieste presentate al protocollo dell’ente, ribadite in occasione della conferenza dei capigruppo del 13 ottobre u.s., però, non si è inteso integrare l’ordine del giorno, mettendo evidentemente a
rischio la possibilità di approvazione dell’odierna rimodulazione del piano di riequilibrio. Tralasciando, poi, ogni legittimo commento in ordine alla presentazione “sul filo di lana” della rimodulazione del piano di riequilibrio finanziario ed evidenziando come nella relazione di inizio mandato di questa amministrazione – documento che dovrebbero essere alla base della scelta di rimodulare il
piano – non v’è parola che riferisca su tale volontà, occorre constatare come la rimodulazione del piano di riequilibrio finanziario, che oggi ci viene sottoposta, risulti evidentemente lacunosa e raffazzonata, e non risponde alle criticità sollevate dalla Corte dei Conti in relazione al piano originario.
E’ nostra convinzione, infatti, che si sarebbe potuto e dovuto elaborare un piano di riequilibrio serio, credibile e sostenibile, che consentisse un effettivo risanamento delle finanze comunali. Molte, anzi, troppe risultano le criticità riscontrate:
– Durata del piano
Il piano, per espressa previsione normativa, può avere durata massima di dieci anni, compreso quello in corso. Nel caso, il presente piano rimodula l’originario piano presentato nel 2014 (con valenza 2014-2023), per cui esso non può variare l’originale durata che, invece, viene postergata di un anno, con chiusura nell’anno 2024 anziché 2023. Tale osservazione, già di per se, sarebbe sufficiente per garantire la bocciatura della rimodulazione del piano di riequilibrio.
– Analisi degli squilibri
Nel piano oggetto di discussione vengono considerati:
disavanzo da ripianare | € 2.039.036 |
costituzione fondo passività potenziali | € 3.425.179 nella relazione, € 3.350.000 nel prospetto B |
ammortamento mutuo per indennità esproprio per il periodo di valenza del piano | € 866.595 |
TOTALE | € 4.295.124 |
“eventuali” nuove assunzioni a partire dal 2017 | € 1.128.590 |
TOTALE GENERALE | € 5.423.714 |
Non vengono, invece, rilevati ulteriori debiti fuori bilancio.
A fronte di questo fabbisogno, però, si determinano risorse finanziarie per € 13.140.804 così come di seguito riepilogate
avanzo corrente | € 12.480.804 |
alienazioni immobili | € 660.000 |
TOTALE | € 13.140.804 |
Alla fine del piano residuano risorse, assolutamente non giustificate, per € 6.623.178.
Al riguardo, si potrebbe tranquillamente affermare che, se fossero attendibili le previsioni del piano, vengono individuate risorse superiori al fabbisogno. E tali risorse provengono dalla tassazione al massimo dei cittadini e dalla riduzione drastica della spesa per servizi, che si riduce da € 7.400.000 del
2015 a € 5.600.000 del 2024. Queste risorse, invece, avrebbero potuto e dovuto esser destinate ad interventi per le classi meno abbienti e per le attività produttive, consentendo cosi la possibilità di ripresa economica del tessuto sociale ed economico del territorio cittadino.
– Mancata osservanza delle linee guida della Corte dei conti
Va, peraltro, considerato come il piano – in contrasto con le linee guida della Corte dei Conti di cui alla delibera n. 16/2012, che dispongono che “la graduazione, negli anni di durata del piano, della percentuale del ripiano del disavanzo di amministrazione e degli importi da prevedere nei bilanci per il
finanziamento dei debiti fuori bilancio (art. 243-bis, comma 6, lettera d) deve privilegiare un maggior peso delle misure nei primi anni del medesimo piano e, preferibilmente, negli anni residui di attività della consiliatura e comunque nei primi 5 anni” – prevede una graduazione di finanziamento del fabbisogno che
si concentra negli ultimi anni del piano stesso.
Nel piano, infatti, il peso relativo ai prime tre esercizi è pari solo al 7.97% del fabbisogno, caricando i residui 7 esercizi del 92,03%.
Descrizione | Fabbisogno totale 2015-2024 | Ripiano 2015-2017 | Incidenza percentuale |
Disavanzo | € 2.039.036 | € 209.782 | 10,29 |
Fondo Passività Potenziali | € 3.350.000 | € 280.000 | 8,36 |
Event. Assunzioni Personale | € 1.128.590 | € 30.000 | 2,65 |
TOTALI | € 6.517.626 | € 519.782 | 7,97 |
– Mancata copertura del debito per indennità di esproprio
Il piano prevede che il debito (non considerato ancora come debito fuori bilancio) per € 4.071.467, relativo alla sentenza Caminiti, venga finanziato con ricorso a mutuo trentennale con la Cassa Depositi e Prestiti.
Al riguardo si rileva come la facoltà di ricorrere a mutuo per i debiti fuori bilancio è, purtroppo, limitata alle sole spese di investimento (art. 243 bis, comma VIII, lett. g) TUEL). Nel caso, non si tratta di sola indennità di esproprio ma anche di risarcimento danni per cui l’eventuale assunzione del mutuo potrebbe riguardare solo l’indennità di esproprio.
L’ammortamento del mutuo (previsto in 30 anni), poi, non dovrebbe eccedere la durata del piano di ammortamento (10 anni), in quanto, diversamente, si impegnerebbe un ulteriore periodo sensibilmente lungo (20 anni), in violazione al principio secondo cui il ripiano dello squilibrio deve avvenire necessariamente nel decennio.
In ogni caso, si ribadisce, l’approvazione da parte del Consiglio Comunale del piano risulta carente di un atto assolutamente propedeutico, consistente nel preventivo riconoscimento della legittimità del debito fuori
bilancio in questione. Tale riconoscimento, peraltro, va effettuato senza alcun indugio, non rilevando a tal fine la notifica della sentenza, come correttamente evidenziato dal legale dell’Ente, con nota del 5 ottobre 2015, in risposta allo specifico quesito avanzato dal responsabile dell’area amministrativa.
Il previsto ammortamento trentennale conduce peraltro a un appesantimento dei venti anni successivi a quelli di valenza del piano, che sarebbero gravati da un rimborso della sola quota capitale pari a 3.204.871,
pari al 78,70% dell’intero capitale mutuato, oltre alla residua e cospicua quota interessi.
– Necessità della variazione di bilancio
Il piano si presenta, altresì, fortemente carente in quanto non tiene conto di alcune poste che derivano da un bilancio di previsione 2015 necessitante di una cospicua variazione (€ 916.643,02). Le variazioni che si
dovrebbero apportare al bilancio in corso, con immediati riflessi sul presente piano, consistono in:
1. minore previsione di entrata per trasferimenti erariali. Dal sito del Ministero Interno – Finanza locale, risultano attribuiti al nostro Comune trasferimenti per complessivi € 1.327.283.50 mentre nel Tit. I e II del
documento di bilancio risultano attribuzioni per € 1.448.205.90, con una differenza in più di € 120.922.40.
2. mancata previsione, nel Tit. III dell’uscita, delle quote di ammortamento 2015 delle anticipazioni di liquidità ottenute dalla Cassa Depositi e Prestiti. Il totale delle quote capitale ammontano a € 471.222,62. Tale mancata previsione si ripete nel piano di riequilibrio per tutti gli esercizi considerati. Che la quota capitale di ammortamento, al pari della quota interessi, vada imputata al bilancio corrente è chiarito dalla
Commissione Arconet della Ragioneria Generale dello Stato, che si è espressa sul trattamento da riservare all’anticipazione di liquidità ex D.L. n. 35/2013, precisando che, nel rispetto del principio applicato della
contabilità finanziaria n. 5.6 “Gli impegni riguardanti la spesa per rimborso prestiti (quota capitale dei prestiti contratti dall’ente) sono imputati al bilancio dell’esercizio in cui viene a scadenza la obbligazione
giuridica passiva corrispondente alla rata di ammortamento annuale. Pertanto tali impegni sono imputati negli esercizi del bilancio pluriennale sulla base del piano di ammortamento, e per gli esercizi non gestiti si
predispone l’impegno automatico, sempre sulla base del piano di ammortamento. Gli impegni sono effettuati a seguito dell’effettiva erogazione del prestito o della messa a disposizione del finanziamento (Cassa Depositi e Prestiti)“. Il tutto, ancora, trova conferma nella deliberazione n. 19/SEZAUT/2014/QMIG della Corte dei Conti Sez. Autonomie nell’adunanza dell’11.07.2014.
3. maggiore quota di ripiano del disavanzo all’1.1.2015, a seguito del riaccertamento straordinario dei residui. In sede di determinazione del maggior disavanzo all’1.1.2015, si è proceduto, ai sensi del DL 78/2015, a utilizzare parte della quota vincolata delle anticipazioni ex DL 35/2012, per il fondo crediti di dubbia esigibilità. Tale trasformazione non può però avere effetto reatroattivo, come precisato dalla Commissione Arconet dell’1 luglio 2015, che ha precisato come “L’articolo 2, comma 6, del DL
19 giugno 2015, n. 78, prevede solo che il Fondo DL 35 “si trasforma” in FCDE ma, l’utilizzo del FCDE non può avere effetto retroattivo, ed essere riferito alla data del 1° gennaio 2015. La norma può comportare un
effetto di riduzione del disavanzo, nel caso e con riferimento all’esercizio in cui sarà effettuata la verifica di congruità del FCDE nel risultato di amministrazione (a partire dal rendiconto 2015). Per effetto di ciò, il maggior disavanzo all’1.1.2015 da ripianare non è € 3.897.790 ma € 12.762.725, con un ammortamento annuale di € 425.424 invece che di € 129.926, con una differenza in più nel bilancio 2015
Uscita di € 324.498.
– Inesistenza delle attività potenziali richiamate
Altro aspetto che attesta la non sostenibilità della rimodulazione del piano è l’inesistenza della quasi totalità delle attività potenziali. Ed invero, il giudizio iscritto al n. 1712/2008 RG del Tribunale di Catanzaro, a cui viene attribuito un valore di € 10.000.000, risulta definito con il deposito della sentenza in data 17.08.2015 sfavorevole per l’Ente. Tale circostanza, tra l’altro, dovrebbe esser ben nota all’amministrazione in quanto il responsabile dell’area amministrativa avrebbe già chiesto al difensore notizie in merito alla possibilità
di proporre appello. Anche questa circostanza si appalesa come indicativa del metodo che ha governato l’intero processo che ha portato alla redazione dell’odierna rimodulazione del piano di riequilibrio.
A fronte di attività potenziali indicate per € 11.316.532,97, quindi, ne resterebbero in piedi solo € 1.316.532,93, somma non più sufficiente a costituire il fondo passività potenziali previsto in € 3.425.179: mancano infatti € 2.108.646,07.
Se a tutto questo si aggiungesse che, in virtù dell’armonizzazione contabile, le entrate di bilancio potranno essere tenute a mente esclusivamente a condizione che queste vengano effettivamente accertate
con cassa, appare ancora più evidente l’assoluta insostenibilità del piano oggi in discussione, in considerazione della dimostrata incapacità dell’Ente all’incasso dei propri crediti.
Conclusioni
In presenza di questo Piano inadeguato, inattendibile nelle poste di entrata e insostenibile per il ripiano, c’è da pensare che l’amministrazione sia consapevole della bocciatura da parte della Corte dei Conti. E’ evidente che l’operazione, per come costruita, sia finalizzata esclusivamente al mero rinvio della oramai inevitabile dichiarazione di dissesto, e non all’effettivo risanamento delle finanze comunali, che pur tuttavia sarebbe stato possibile con la presentazione di una rimodulazione del piano di riequilibrio finanziario
seria e coerente. In ultimo, una considerazione: l’amministrazione Alecci (primo e secondo mandato) sarà ricordata a Soverato per aver indebitato i cittadini per oltre € 20.000.000 senza beneficiare di alcunché di tangibile (opera pubblica, miglioramento dei servizi, ecc), per aver stretto un “cappio al collo” alle categorie meno abbienti e più bisognose, per aver contratto in misura insostenibile il tessuto produttivo cittadino, il tutto con le ovvie ricadute sulle casse comunali, impegnando le prossime due generazioni a pagare la sua incapacità e inefficienza politica e amministrativa.
Si chiede che le presenti deduzioni vengano allegate al verbale e inserite nel testo della deliberazione, per costituirne parte essenziale e integrante, e per esser trasmesse alla Corte dei Conti.
Soverato, 18 ottobre 2015
*Giulio Moraca
Giuseppina Altamura
Francesco Severino