Il nido era un fiore all’occhiello dagli anni ’70. Ma per il vice-prefetto alla guida del Comune nel 2013 erano “soldi buttati”. Mentre per il commissario arrivato nel 2014 era una “struttura inutilizzata”. Buona da destinare ad altro.
Ultimi giorni di asilo per molti bimbi ma non per tutti. Per i piccoli da zero a tre anni che fino a due anni fa frequentavano l’asilo nido “La Coccinella” di Soverato la campanella non suonerà più. L’istituto, fiore all’occhiello dell’educazione infantile della città fin dagli anni ’70, è stato infatti prima chiuso per delibera della viceprefetta Maria Virginia Rizzo, che ha governato un anno la cittadina jonica, dalla caduta della giunta pidiellina nel maggio 2013 alle nuove elezioni del maggio 2014. Solo dodici mesi, quindi, che però sono bastati a compiere alcuni atti che rimarranno indelebili, come appunto la delibera dell’agosto 2013 che ha decretato la fine di uno storico servizio sociale come l’asilo nido, e il trasferimento del personale, tra cui due educatrici e una cuoca, in nuove mansioni da impiegate comunali o addette alle pulizie. Le ragioni addotte dalla Rizzo per giustificare un provvedimento che ha suscitato indignazione in buona parte della comunità, culminata in una manifestazione di piazza il 26 luglio 2013, erano economiche. “Il Comune è costretto alla chiusura a causa dei suoi squilibri finanziari”, spiegava la Rizzo in una lettera di risposta alle mamme che chiedevano spiegazioni. Nel corso dei mesi le mamme avevano offerto ai funzionari comunali varie proposte per tenere l’asilo in vita e potenziarlo. Proposte evidentemente ignorate. Ma siamo sicuri che decisioni del genere siano solo di tipo finanziario, senza altre considerazioni nel criterio di scelta tra le attività da tagliare e quelle da mandare avanti? Una scelta che taglia uno storico servizio di welfare ai cittadini, comunque la si vuol mettere, non è pur sempre “politica”?
La bella struttura di proprietà del Comune che ospitava l’asilo, con il suo giardino, la sua luminosa sala giochi e gli altri locali attrezzati con cucina e bagni per i piccoli, fu poco dopo destinata a un non meglio precisato “centro polifunzionale” da finanziare con fondi Por. Un provvedimento in contraddizione con quanto promesso dalla stessa Rizzo. Che anche a fronte delle proteste aveva prospettato un’eventuale ripresa dell’attività, grazie ai fondi destinati dal Piano di azione e coesione – cosiddetto Pac cura – proprio al mantenimento dei nidi comunali da parte di enti in difficoltà economiche. Facendo due conti, comunque, più di un esperto aveva calcolato che il costo maggiore dell’asilo nido, pari a circa 200 mila euro all’anno, era quello del personale, tutto in organico comunale e quindi non “tagliabile”. Quel che si è risparmiato, quindi, sono le spese per utenze e mensa dei bimbi, che rapportate alle entrate date dalla retta mensile ammonterebbero a poche migliaia di euro. Più o meno le stesse impiegate dalla commissaria per arruolare, su base fiduciaria e senza procedura pubblica, un addetto stampa per la durata del suo incarico.
A due anni da quella decisione, inoltre, non solo di riapertura non si parla più, ma l’eventualità è stata resa proprio impossibile dalla nuova coppia commissarialeSalvatore Mottola di Amato-Luigi Bigagnoli, arrivata dopo la caduta della giunta Alecci nell’ottobre scorso. Proprio Bigagnoli, che in prefettura è responsabile del servizio protezione civile, è stato infatti stratega dell’operazione che ha individuato proprio la struttura dell’asilo nido come sede ideale per il Com, il centro operativo misto di protezione civile. Un presidio di emergenza, ma anche prevenzione e formazione del quale la città e il territorio avevano assolutamente bisogno, certo. Ma perché scegliere proprio questa sede attrezzata per ospitare i bimbi? Possibile che non esistessero proprio altri locali idonei? Tanto Mottola di Amato quanto Bigagnoli hanno risposto a questa domanda puntando l’attenzione sulla natura “ottimale e strategica” dell’edificio, che sorge “in territorio pianeggiante, vicino all’istituto alberghiero, a cinque piste di atterraggio elicotteri e che era chiusa e inutilizzata”. Sarà. Ma il dubbio resta sul fatto che il futuro di una struttura storica e strategica per la comunità dovrebbe essere deciso dalla stessa comunità, invece che da due commissari.
Teresa Pittelli