“Restiamo umani”: la lezione sull’accoglienza di Ingrao e Panizza a Soverato

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Da sinistra, Maria Grazia Posca, Chiara Ingrao e Fausto Pettinato

Ingrao Panizza 1“Restiamo umani”: il mantra con cui Vittorio Arrigoni, il giovane attivista italiano assassinato quattro anni fa dai militanti di Hamas, chiudeva ogni suo articolo risuona con forza nell’accorato e sofferto messaggio lanciato ieri sera da Chiara Ingrao nella sala consiliare del Comune di Soverato. Un incontro moderato da Mario Vallone, presidente provinciale Anpi, e introdotto dal sindaco Ernesto Alecci, che ha dato “piena disponibilità” alle associazioni presenti ad attivare percorsi condivisi per il sociale, ribadendo le iniziative sul banco alimentare e la mensa solidale messe a punto dal Comune. Maria Grazia Posca della libreria Non ci resta che leggereorganizzatrice dell’evento insieme all’Anpi sezione Soverato, ha ringraziato Ingrao “per la disponibilità mostrata, anche durante l’incontro con i piccoli studenti della mattina”. E’ stata quindi la volta di Fausto Pettinato, presidente Anpi Soverato, che dopo una disamina delle cause – tra regimi sanguinari, bombe, guerre e carestie – per le quali i migranti fuggono dalle loro terre, ha ricordato i valori dell’Anpi fondati sull’articolo 2 della Costituzione che “raccomanda il dovere di tutti alla solidarietà politica, economica e sociale”.

L’appuntamento ha visto la Ingrao protagonista insieme a don Giacomo Panizza, sacerdote bresciano approdato oltre trenta anni fa in Calabria, dove ha fondato la comunità “Progetto Sud” attirandosi le minacce di morte del clan della ‘ndrangheta Torcasio per aver voluto prendere in gestione un palazzo sottratto dalle mani delle ‘ndrine. E si è rivelato davvero prezioso per impostare l’attualissima e intricata “questione migratoria” su un registro diverso da quello usuale e per così dire istituzionale, un registro appunto “umano”. Un incontro dedicato al tema che da settimane sta occupando con prepotenza le prime pagine di quotidiani, siti internet e tg, ma sui cui ovviamente aleggiava la figura di Pietro Ingrao, lo storico dirigente comunista, parlamentare, presidente della Camera dei deputati dal 1976 al 1979 e personaggio fra i più illustri e seminali della sinistra italiana, scomparso lo scorso 27 settembre all’età di cento anni.

Peraltro il piglio deciso, la franchezza nell’esposizione e il cuore “saldamente a sinistra” (per citare Tiziano Terzani che ne rivendicava la collocazione naturale) di Chiara, scrittrice e giornalista, ricordano molto l’anima schietta del padre, il cui ricordo è stato accolto con un applauso scrosciante dal pubblico presente. Rammentando “l’incredibile accoglienza” ricevuta dal padre in Calabria, “proprio quando era perseguito e costretto a vivere nascosto a Pedace, in mezzo ai boschi”, Chiara Ingrao introduce la sua sanguigna analisi ponendo un quesito “fondamentale”: come ci giudicheranno le generazioni future? “Io me lo sono posto tante volte e penso che siamo in molti a interrogarci su questo punto dato che tutti ricordano che nell’Italia del ’38 in moltissimi hanno girato lo sguardo dall’altra parte – osserva – ignorando l’immane tragedia che si stava consumando. Per questo ora bisogna domandarsi prima di ogni cosa: perché non offriamo il modo di fuggire legalmente dai propri Paesi a coloro che inseguono una speranza di una nuova vita in Europa?”. Un interrogativo che la scrittrice ha posto insistentemente durante il suo intervento, deplorando l’assoluta mancanza di interesse da parte di Bruxelles e dei leader europei su questo aspetto della questione.

“Perché bisogna far sì che queste persone salgano sulle barchette degli scafisti? D’altronde spenderemmo molto di meno se comprassimo dei semplici biglietti aerei”, ragiona Ingrao. “Nei vari summit europei non si discute mai di questo – puntualizza la scrittrice, che durante l’appuntamento ha presentato anche il suo ultimo libro, “Habiba la magica”, la storia di una bimba africana giunta in Italia nella pancia della madre – e ci si concentra sempre sulle questioni economiche. Ma l’Europa pensata da Altiero Spinelli era l’Europa dei popoli, che si mettono insieme per non farsi mai più la guerra. È vero, adesso la questione dei migranti occupa le prime pagine dei giornali, ma fino a pochi giorni fa era la situazione in Grecia ad avere risalto: anche quella un’idea di Europa che non era assolutamente stata pensata così. Ormai i diritti dei più ricchi a riavere indietro ogni centesimo di euro prestato sono più importanti dei diritti dei più poveri a non morire di fame, malattia re disoccupazione”. Bisogna partire dal legame empatico con gli altri, dalla solidarietà, dal partecipare al dolore altrui: “Dobbiamo metterci dalla parte dell’altro, perché fino a poco tempo fa l’altro eravamo noi. Eravamo noi quelli che scappavamo dalle guerre – ricorda Ingrao -, quelli che avevano paura. Perché non riusciamo a vedere il mondo con gli occhi dell’altro e dell’altra? È un bel salto culturale, ma non credo sia impossibile da fare”.

Quanto al concetto di solidarietà, don Giacomo Panizza avverte: “Non è solidarietà quella che vediamo nella maggior parte dei casi. I migranti chiedono una vita, un lavoro, una casa. Bisogna accompagnarli, aiutarli ad avere queste cose. Però è importante investire su queste persone che arrivano perché sono tutte in età da lavoro”. Panizza ha anche ricordato deprecabili episodi di intolleranza avvenuti a Lamezia, “dove gruppi organizzati se la sono presa con i ragazzini extracomunitari alloggiati in una delle comunità di Progetto sud – ha raccontato – con aggressioni pesanti e minacce, nel silenzio dei media locali”. Don Panizza ha anche indicato Casapound e Noi con Salvini come gruppi politici “che hanno contribuito ad alimentare un clima di paura e diffidenza nei confronti dei migranti”. Sono stati quindi molti gli aspetti della recente crisi migratoria passata in rassegna da Chiaro Ingrao e da don Giacomo Panizza con passione e onestà intellettuale. Anche se a queste considerazioni andrebbe affiancata un’analisi profonda e disincantata delle vere ragioni alla base degli esodi dei nostri giorni: la forte instabilità politica e sociale di quei Paesi da cui stanno fuggendo migliaia di persone ogni giorno.

Francesco Caponio

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