Il racconto di Paolo è talvolta straziante, quando parla della sua Catia e del loro sogno infranto nel momento in cui si realizzava, talvolta secco e preciso nei termini procedurali e legali, ma sempre efficace, capace di raccontare il dramma vissuto dalla moglie Caterina Viscomi, entrata in coma nel dare alla luce il loro primo bimbo al Pugliese Ciaccio di Catanzaro circa due anni fa e mai svegliatasi da allora; e capace di raccontare la battaglia sua e della famiglia per avere giustizia e verità sulla vicenda. Dopo due anni di lotta per non far archiviare il caso, come aveva chiesto il pm per decesso dell’unica persona ritenuta responsabile, l’anestesista Loredana Mazzei. Dopo aver ottenuto la prosecuzione delle indagini, la richiesta di spiegazioni del Ministero della salute alla Regione Calabria e un’interrogazione parlamentare del deputato Andrea Colletti del M5Stelle, Paolo Lagonia è riuscito a ottenere che sulla storia di Catia si accendano ora i riflettori della stampa nazionale, in modo che tutti conoscano la gravità di quanto successo. E in modo che una cosa del genere – si spera – non accada mai più.
E’ stata dura superare “il muro di gomma”, come lo chiama Paolo Lagonia intervistato anche da Emanuela Gemelli per il Tg3, quel muro che ha fatto sì che in due anni non un rappresentante della asl, dell’azienda ospedaliera o dell’ordine dei medici (Catia è un medico oncologo) abbia sentito il bisogno di dare a Paolo una risposta o una semplice parola di conforto. Ma la determinazione nel portare avanti una battaglia in nome della verità e della giustizia per Catia, ma anche per tutte le altre future mamme che entrano in una sala parto o operatoria, e per quel bimbo che da quasi due anni aspetta il risveglio di sua madre, alla fine l’ha avuta vinta. E in questi giorni sono arrivati ampi servizi di Mediaset (da Mattino Cinque al Tg4 condotto da Cecchi Paone, dalla Rai che per la verità aveva dedicato un servizio già in novembre sul Tg1 alle maggiori testate nazionali come Corriere e Huffington Post a Vanity Fair).
“Sono passato in dieci minuti dal paradiso di stringere tra le braccia il nostro bimbo tanto a lungo desiderato (alla coppia i medici avevano prospettato la possibilità che non ne potessero avere) all’inferno dei primari di ginecologia e rianimazione che mi dicevano che Catia era in coma”, ha raccontato Lagonia alle telecamere delle tv nazionali e ai quotidiani che lo hanno intervistato. L’inizio di un calvario che ancora dura. Di un cammino difficile per il giovane papà e il piccolo Aldo, che vanno a trovare mamma Catia nella struttura dove si trova, a Crotone, anche se “Aldo comincia a fare domande alle quali è sempre più difficile rispondere”, dice Paolo a Vanity Fair. Ma è intenzione del papà raccontare tutta la verità su sua madre. Ed è per questo che non mollerà finché non l’avrà trovata, sostenuto anche dalla famiglia di Catia, da un legale molto in gamba e determinato (Giuseppe Incardona del foro di Palermo) e dalla comunità di Soverato (Cz) in cui Catia è nata, cresciuta ed è diventata stimatissima oncologa, che lo scorso novembre ha tenuto una fiaccolata per non dimenticare.
Teresa Pittelli