Retorica delle commemorazioni sì ma non solo, anche interventi appassionati e pertinenti, nell’iniziativa per ricordare la strage di Capaci organizzata ieri dal Comune di Soverato insieme al Coisp, il sindacato indipendente di polizia. Ad aprire il convegno i saluti del sindaco Ernesto Alecci e del segretario regionale del Coisp Giuseppe Brugnano. Primo intervento quello della responsabile giustizia di Forza Italia e parlamentare Iole Santelli, con una ricostruzione puntuale del contributo di Giovanni Falcone alla lotta alla mafia prima nel pool che ha istruito il maxi-processo su Cosa nostra, e poi da Roma, con lo sviluppo di strumenti investigativi che segnarono la “svolta” nel contrasto alle cosche, a partire dalla collaborazione dei pentiti, strumento da maneggiare con cura come Falcone aveva ben capito. Santelli è tornata a ricordare, come da sua interrogazione parlamentare, che la procura di Catanzaro è tra quelle con minor organico di Italia, pur essendo punto di riferimento del territorio a maggior concentrazione mafiosa del Paese.
Un intervento ripreso proprio da quelli finali del questore Giuseppe Racca e del segretario generale del Coisp Franco Maccari, che sono voluti andare a fondo sul perché Falcone sia stato ucciso nonostante fosse ormai stato “allontanato” da Palermo. “E’ proprio perché non solo era il nemico pubblico numero uno, anche simbolicamente, ma perché da Roma stava elaborando una legislazione stringente che risultava micidiale per le cosche”, ha chiarito Racca, mentre Maccari si è soffermato sulla “solitudine” di Falcone, sul fatto che si dovesse e potesse fare di più per salvarlo, per intuire a quale destino stesse andando incontro. E quei 57 giorni trascorsi tra la strage di Capaci e l’attentato di via D’Amelio sono altrettanto indicativi che qualcosa sia mancato, ha spiegato Maccari, in termini di attenzione al problema. “Una lezione per l’oggi – secondo il leader nazionale del Coisp – per imparare a essere consapevoli di quel che accade e sensibilizzare anche dal basso le autorità politiche e le istituzioni, cosa per la quale servono anche incontri come questo”.
Parola poi al giornalista Pietro Comito, ora in forza alla tv regionale LaC, che ha chiarito la necessità di anti-retorica che va ormai fatta propria innanzitutto dalla categoria dei giornalisti (l’aveva già ribadito sabato 14 maggio ritirando a Soverato il premio Giancarlo Siani), in modo da dire basta a parate antimafia e solidarietà di facciata e andare al sodo del problema “solitudine” di chi si espone, come appunto il giornalista, minacciato non solo e non più tanto dallo ‘ndranghetista che gli fa saltare in aria la macchina, quanto dalle querele milionarie, da un sistema anche politico-istituzionale che da un lato solidarizza con comunicati stampa ma dall’altro non gradisce poi essere toccato da inchieste e articoli.
Comito, alle prese con minacce dei clan del vibonese e al tempo stesso guai giudiziari per aver leso l’onorabilità di una persona pregiudicata, nell’ambito di un pezzo su un’operazione antindrangheta, ha parlato di Falcone e Borsellino come “uomini soli”, e ha voluto ricordare “anche i due netturbini che furono uccisi a San Biase il 24 maggio 1991, da una mafia che voleva punire chi non c’entrava niente – ha spiegato – proprio per dare una dimostrazione esemplare a un intero popolo”. A sorpresa poi Comito ha ringraziato la moglie, presente in sala, chiedendole scusa per la vita che fa, per le assenze dovute a un lavoro che non lascia tregua, seppur spesso mal pagato e non rispettato, “perché stanotte mi alzerò alle 3 per essere alle 5 a Sambiase a commemorare quelle due vittime innocenti”.
E dopo i saluti di Marcello Marinetti, in rappresentanza di Confcommercio, spazio a Daniele Rossi, presidente Confindustria Catanzaro, che ha ripercorso le tante intimidazioni alla sua azienda, la Caffè Guglielmo, rivelando anche di aver ricevuto proiettili a casa con minacce di morte per lui e per suo zio. “Noi denunciamo sempre sull’esempio di mio nonno, perché le forze dell’ordine devono essere il nostro punto di riferimento costante, e sono fiero che mio figlio di quattro anni sogni di fare il carabiniere”, ha osservato Rossi. Il presidente della commissione regionale antindrangheta Arturo Bova, ha messo l’accento sull’attività della commissione nel diffondere la cultura della legalità, soprattutto ai giovani e nelle scuole, unico strumento potente per cambiare le cose a partire dalla mentalità. Anche Bova ha sottolineato l’essere “scomodo” e “osteggiato” di Falcone, anche tra i suoi colleghi del Csm. “Non ho paura delle parole dei violenti – ha concluso Bova citando don Pino Puglisi -ma del silenzio degli onesti”. A dare la sua testimonianza, infine, l’imprenditore Gegè Mosca che ha parlato dell’esperienza dell’agriturismo ‘A Lanterna di Monasterace, che ha subito sette attentati dalla ‘ndrangheta e che si è sempre rialzato, chiamando a raccolta tutte le forze sane della società sulle quali occorre contare e lavorare.
Presente alla manifestazione anche l’avvocato Sabrina Rondinelli, responsabile regionale giustizia Forza Italia, che ha donato la maglia del Catanzaro calcio, della quale è ormai storico avvocato di fiducia, a Emanuele Amoruso, consigliere alla cultura, turismo e spettacolo che si è speso per organizzare l’iniziativa.
Teresa Pittelli