Ospedale Lemezia: salvata vita a donna dopo aver mangiato funghi velenosi

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funghi velenosi
Fungo velenoso-mortale "Lepiota", ingerito dalla paziente a cui è stata salvata la vita

Grazie alla sinergia fra medici e micologi, è stato possibile salvare la vita a una donna di 62 anni, ricoverata per avvelenamento falloideo nel reparto Rianimazione del presidio ospedaliero “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme, causato dal consumo di alcuni funghi raccolti in proprio e preparati per la cena.

Soddisfazione per la riuscita dell’ottimo lavoro sinergico dell’equipe medica è stata espressa dal direttore generale dell’ASP di Catanzaro, dott. Giuseppe Perri, il quale raccomanda la “massima cautela sia nell’acquisto dei funghi, in quanto il prodotto può essere proposto da venditori improvvisati non autorizzati, che nella raccolta per la quale è necessaria una conoscenza approfondita delle varietà fungine, comunque per ogni dubbio esistono presso le ASP degli esperti micologi che possono verificare gratuitamente la commestibilità o meno dei funghi raccolti”.

“Negli esercizi di vendita – prosegue il dg Perri – bisogna inoltre verificare che la cassetta o il contenitore sia munito del prescritto cartellino di avvenuto controllo micologico da parte degli Ispettori Micologici dell’ASP, recante il nome scientifico della specie del fungo”. Il dott. Perri consiglia, infine di “recarsi immediatamente al Pronto Soccorso o all’Ospedale più vicino, senza tentare terapie autonome se, dopo aver consumato funghi, dovessero insorgere disturbi gastrointestinali con nausea, vomito alimentare, diarrea, dolori epigastrici.”

Gli Ispettorati Micologici distribuiti sul territorio dell’ASP, finalizzati alla prevenzione primaria e secondaria delle intossicazioni da funghi, si trovano a Catanzaro, Soverato, Chiaravalle, Lamezia Terme, Soveria Mannelli, Villaggio Mancuso. Per maggiori informazioni si può contattare l’unità operativa Igiene degli alimenti e della nutrizione, diretta dal dott. Francesco Faragò, al numero 0961/7033508.

ospedale lameziaLa paziente che ha rischiato la vita era stata trasferita a Lamezia dall’ospedale di Vibo Valentia, dove aveva ricevuto le prime cure e dove, attraverso la consulenza micotossicologica del Micologo della ASP di Vibo Valentia e la consulenza tossicologica del Centro Antiveleni di Milano attivo h24, si era potuto delineare un quadro di avvelenamento di tipo falloideo orientando così, efficacemente, la diagnosi medica verso un caso gravissimo.

Nel reparto di Rianimazione dell’Ospedale di Lamezia Terme è così iniziato un incessante lavoro di èquipe, tra il direttore del Reparto, dott. Stylianos Glyronakis, i diversi  medici che si sono susseguiti nelle varie turnazioni, i Micologi, dott. Ernesto Marra e Carlo Mercuri e la dott.ssa Francesca Assisi del Centro Antiveleni di Milano, in cui ciascuno ha dato il proprio contributo professionale secondo le rispettive competenze.

Mentre il caso sembrava volgere al peggio, tanto da allertare l’ISMETT di Palermo (Istituto Mediterraneo per i trapianti e terapie ad alta specializzazione) per un eventuale trapianto d’organo, il protocollo terapeutico per avvelenamento falloideo, ha iniziato a dare i risultati sperati, con un graduale e costante miglioramento dei valori ematici della paziente che, dopo otto giorni dal pasto incriminato, hanno portato a sciogliere la prognosi.

“Il caso – afferma il dott. Marra, micologo e direttore scientifico della Confederazione Micologica Calabrese – è stato gestito con un approccio multidisciplinare, medico, micologo e tossicologo, in modo esemplare e fruttuoso”.

Pasquale Natrella. ASP Catanzaro – Ufficio Stampa

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