Mgff, quando Citti disse: “Allora non è morto solo un frocio”. David Grieco racconta Pasolini.

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“Ettore e’ morto la sera che stavo per fargli vedere il film. Fissammo quella serata qualche settimana prima, gli dissi “passo a prenderti”, lui mi rispose “ma no, Gigliola (la moglie) ancora guida, vengo con lei”. Quella sera iniziai a chiamarlo alle 17.30, ma fino alle 19 lui non mi rispose. Siccome era un tipo di una precisione assurda ho capito che era successo qualcosa. Gigliola poi mi disse: “In tutti questi giorni mi ha ripetuto “mi raccomando dobbiamo andare a vedere il film di David, è un film pericoloso e ha bisogno del nostro aiuto”. Così David Grieco, il regista de La macchinazione, proiettato tra emozione e applausi del pubblico domenica sera al Mgff di Catanzaro, ricorda il grande maestro al quale è dedicata questa edizione del festival. E a un altro grande del cinema è dedicato il suo film in concorso.

Domanda. Secondo lei che lo ha conosciuto personalmente, quale è stata la forza che ha permesso a Pier Paolo Pasolini, in quel periodo in cui  l’essere omosessuale oscurava tutte le qualità della persona impedendogli di emergere, di diventare un grande poeta, scrittore, regista e giornalista?

Risposta. La parola fondamentale è coraggio, che purtroppo agli italiani spesso manca. Lui non ha mai avuto paura di niente e nessuno e, tra l’altro, la sua omosessualità l’ha sempre dichiarata. Ha vissuto sempre in trincea ma è anche vissuto sempre in mezzo alla gente e rimproverava gli intellettuali dell’epoca che stavano rinchiusi nei loro salotti. Per questo motivo era odiato anche dagli intellettuali. In realtà Pasolini aveva pochissimi amici e questi amici erano gente del popolo. Quando morì ci fu la camera ardente alla Casa della cultura dove vennero tutti, poi ci spostammo in piazza Campo dei fiori dove fu montato un piccolo palco per un’orazione funebre pubblica, noi pensavamo non ci sarebbe stato nessuno e invece c’era una folla talmente compatta che se avessimo buttato un cerino non sarebbe arrivato a terra. In quel momento capimmo quanto lui conoscesse tutti a Roma. Ricordo ancora una battuta bellissima di Franco Citti, l’attore di Accattone, che disse :«Ah, allora non è morto solo un frocio». Ancora oggi mentre giravo il film non è passato giorno senza che si fosse avvicinato qualcuno dicendo di averlo incontrato, magari mostrando anche delle foto. Credo che sia questo il segreto di quella riuscita di cui tu mi parlavi.

Quarant’anni dopo, Pasolini fa ancora paura?

Si. Fa paura Pasolini, ma soprattutto fa paura la verità. Non quella su Pasolini, chi ha paura sa benissimo che nel momento in cui si riuscirà a far luce sulla sua morte verrà giù tutto il teatro, perché quelle morti lì di quegli anni sono tutte legate, quindi basta riuscire a tirare un filo – e questo filo è molto teso in questo momento – per far venire a galla tutto. L’obiettivo non è mandare in galera gente che ha 80-90 anni, ma restituire al popolo italiano e ai giovani la propria storia. Altrimenti come andranno avanti?

I giovani: ne  incontra durante la promozione del film? Sono interessati a conoscere la storia di Pasolini?

Probabilmente incontro prevalentemente giovani studenti, ma hanno un appetito per la storia di questo paese, un appetito per Pasolini, un appetito per la cultura italiana che i trentenni e i quarantenni non hanno perché sono stati completamente rimbambiti dalla televisione, che è il danno peggiore che Berlusconi ha fatto, un danno più che politico antropologico. Ho molta fiducia in questi giovani qua! (dice indicando i ragazzi dell’Università Magna Graecia di Catanzaro che lo stanno aspettando, ndr).

Saverio Fontana

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