“Sono massone e me ne vanto”, si dimette capostruttura di Bova. La rabbia del consigliere.

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Carlo Piroso

“Carissimo Arturo…”, comincia così la lettera che Carlo Piroso, fino a ieri capo-struttura del presidente della commissione regionale antindrangheta, Arturo Bova, ha scritto e divulgato nelle scorse ore comunicando le sue dimissioni dalla carica. Dimissioni che secondo la lettera sono state decise proprio per non danneggiare Bova, “prima che qualche venditore di notizie possa accusarti di avere un capostruttura massone”, scrive Piroso. Che annuncia: “Sono massone e lo sono orgogliosamente, regolarmente iscritto al Goi (il Grande Oriente d’Italia ndr), ordine iniziatico che si adopera per l’elevazione morale e spirituale dell’uomo”.

In realtà dalla lettera di Piroso emerge il disappunto per una sempre maggiore “confusione” – a suo dire – nelle inchieste di stampa e magistratura e nella pubblica opinione, tra “massoneria e massoneria deviata”, tra “massoneria e ‘ndrangheta”. Secondo Piroso la massoneria è “una scelta culturale” condivisa – oltre che da artisti, poeti e pensatori di ogni epoca citati nella lettera – anche da sindaci, amministratori, dirigenti scolastici e d’impresa, parenti di vittime di mafia conosciuti in questi anni nel loro impegno per la legalità.

Una lettera choc, certo, che mostra di voler tenere salva l’integrità e l’attività istituzionale di Bova, ma che invece non è servita a placare la rabbia del presidente della commissione per la lotta alla ‘ndragheta. In una conferenza stampa convocata in tutta fretta nel primo pomeriggio a Reggio Calabria, infatti, Bova ha innanzitutto chiarito di “aver proceduto stamattina alla revoca dell’incarico pur non essendoci ancora le dimissioni formali”, sottolineando che alla lettera mancava un’informazione fondamentale, e cioè “il suo essere completamente all’oscuro dell’appartenenza massonica di Piroso”.

Ripercorrendo la sua formazione nel Pci e la sua azione civile in antitesi con l’operato della massoneria, il consigliere regionale è stato quindi un fiume in piena nell’esprimere i suoi dubbi e perplessità “sullo strano momento di questa uscita allo scoperto, quando la massoneria fa invece del segreto la sua arma per operare”. Bova non ha nascosto di temere tentativi di intralcio e sabotaggi alla sua azione, e ha anche ribadito che l’audizione in commissione di Amerigo Minnicelli, già gran maestro calabrese del Goi, poi espulso, che ha parlato di infiltrazioni mafiose della massoneria, è stata mandata “a chi di dovere”. “Chiedo uno scatto di orgoglio a tutti i calabresi e anche a voi giornalisti: facciamo pulizia e andiamo avanti senza se e senza ma accanto alla magistratura”, ha proseguito Bova. Per suggellare la sua netta presa di posizione, infine, la sua proposta di una legge regionale “che obblighi chi assuma incarichi di qualunque genere in Regione di dichiarare la sua appartenenza o meno a logge massoniche”.

t.p.

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