“A Umberto Eco.
Grazie amico e caro ex-allievo Umberto Eco! In Paradiso ti sei ricongiunto al tuo maestro ed educatore, don Giuseppe Celi, indimenticabile direttore dell’oratorio salesiano di Nizza Monferrato. Tanti i ricordi. Uno per tutti: eri un provetto suonatore di genis (lo strumento a fiato flicorno contralto in mibemolle, ndr) nella banda O.s.a. Certamente è una delle immagini più suggestive di quel periodo della tua vita! Oggi quelle note sono sostenute dalla nostra preghiera nell’incontro con il Padre Celeste, la Vergine Ausiliatrice e il nostro padre e maestro Don Bosco”. Così ha scritto sabato sera don Alfonso Alfano, storica e amatissima figura di parroco e salesiano negli anni ’80 a Soverato (Cz) – (dove a novembre scorso ha ricevuto la cittadinanza onoraria – affidando al suo profilo facebook un messaggio di ringraziamento e di commiato per il grande semiologo, filosofo e scrittore italiano scomparso il 19 febbraio.
“Grazie per aver onorato “il pensiero” presente in ogni essere umano! Grazie per aver risposto ai lumi un giorno”, conclude la lettera di Don Alfano, suscitando tanti commenti tra fedeli ed ex allievi. È l’oratorio don Bosco di Nizza Monferrato, illuminato dalla presenza amorevole di don Celi, il posto dove un giovanissimo Umberto Eco, sfollato durante la seconda guerra mondiale, come spiega La Stampa di Torino, studiò musica e imparò a suonare il genis, e dove più di trenta anni dopo ambientò un capitolo del suo celeberrimo romanzo Il pendolo di Foucault: uno dei protagonisti, in gioventù, ambisce suonare la tromba nella banda per poter suonare in piedi la fanfara introduttiva di una marcia e fare così colpo su una certa ragazzina.
“L’oratorio è la grande rivoluzione di don Bosco. Don Bosco la inventa, poi la esporta verso la rete delle parrocchie e dell’azione cattolica; ma il nucleo è là, quando questo geniale riformatore intravede che la società industriale richiede nuovi modi di aggregazione, prima giovanile e poi adulta, e inventa l’oratorio salesiano: una macchina perfetta in cui ogni canale di comunicazione, dal gioco alla musica, dal teatro alla stampa, è gestito in proprio su basi minime (…). La genialità dell’oratorio è che esso prescrive ai suoi frequentatori un codice morale e religioso, ma poi accoglie anche chi non lo segue. In tal senso il progetto don Bosco investe tutta la società italiana dell’era industriale”, scriveva Eco su L’Espresso il 15 novembre 1981. E se è vero che Eco poi si distaccò dalla fede, come sottolinea tra i commenti social il professor Ulderico Nisticò ricordandone l’approdo all’ateismo, è altrettanto vero che la pedagogia salesiana e “la rivoluzione” di don Bosco ebbero una parte importante della sua formazione. Come con affetto e orgoglio ricorda oggi “ZiFonso”.
Teresa Pittelli
Scusate ma in Paradiso ci vanno tutti? lo so che sto giudicando ma una persona lontana da Dio che ha voluto i funerali laici, muore e va in Paradiso??? Mah