Marisa Gigliotti, architetto soveratese già intervenuta nei giorni scorsi sulla questione fabbricato ex-Comac in disaccordo sui lavori eseguiti dal Comune, torna sull’argomento con nuova vis critica. “Fantastico anzi magico. Per l’utilizzazione dell area ex Quarzo-Comac il bando a maggio, partecipa una sola associazione, il 10 giugno si insedia la commissione aggiudicatrice, il 18 giugno (prima ancora dell’assegnazione definitiva dell’area sulla quale grava un dubbio sul’agibilità) viene pubblicato il programma per i prossimi mesi di attività. Certo hanno fatto miracoli per essere così incisivi! Peccato che si siano dimenticati di fare un progetto esecutivo di verifica strutturale”, scrive Gigliotti in una sua nota inviata alla stampa, secondo la quale sarebbe stato opportuno anche “chiedere un nulla-osta paesaggistico”. L’architetto lamenta anche il fatto che non le pare si sia visto “un cartello con la segnalazione della ditta che ha eseguito i lavori di rimozione delle capriate, demolizione di alcuni muri e con i nomi dei responsabili della progettazione e direzione lavori”.
“Una cosa è certa: i luoghi sono cambiati e qualcuno ha fatto i lavori. Chi certifica lo stato di fatto? Tanto poi si può sempre ricorrere alle sanatorie come ormai sta diventando “prassi consolidata”. Certo fa moda un locale abbandonato. Il fascino di una fabbrica in disuso suscita emozioni sopratutto nei giovani sempre in cerca di adrenalina. Se poi si vuole accentuare queste sensazioni ben vengano operazioni di pulizia e di messa in sicurezza (si fa per dire), cioè di demolizioni per rendere più suggestivi i luoghi. Alla faccia delle vere sensazioni che un immobile può trasmettere attraverso la sua storia (che così risulta falsata) – spiega il tecnico – e alla faccia del rispetto delle norme a tutela dell’interesse pubblico e della sicurezza. Una cosa è certa: nei voli di google maps di un anno fa le capriate c’erano e una qualche funzione statica di incatenamento e di collegamento del sistema murario l’avranno avuta”.
“Ora non ci sono e la vista spettrale di un immobile ridotto a rudere può affascinare e far nascere azioni che si trincereranno dietro alcune parole”, afferma la professionista, usate a suo parere “a sproposito come green expo, riqualificazione, restituzione alla città di un immobile in disuso, eventi culturali. Ma la storia non si cancella e anche questa operazione forzata di renderlo più rudere di quello che già era (anche se sgombro dai detriti) rende bene il clima di barbarie e anarchia che regna in città, il rincorrere operazioni di facciata in sfregio alle più evidenti regole. Il tutto senza che ci fosse la fretta di operare perché si perdeva qualche finanziamento, ma semplicemente per perseguire un obiettivo di riutilizzo che poteva anzi doveva essere avviato attraverso bandi di idee regolarmente promossi”, continua Gigliotti nella sua nota. “Queste sono invece azioni che avranno il fiato corto se esiste una coscienza libera e consapevole della gente. Altrimenti vuol dire che continueremo ancora a vivere in questa fase di oscurantismo – conclude l’architetto – in attesa di un vero rinascimento”.