E’ in coma per un cesareo, ma per l’ao Pugliese-Ciaccio “nessuna negligenza né imperizia”.

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Catia Viscomi

L’Azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio di Catanzaro, nella persona del suo legale rappresentante, ci ha comunicato quanto segue: “Per amor di verità e di giustizia l’azienda ospedaliere si vede costretta ad affermare che dall’esame obiettivo delle cartelle cliniche non soltanto non è dato evincersi alcuna negligenza e/o imperizia nell’operato dell’anestesista, ma traspare in maniera sufficientemente certa (sic), che i sanitari che ebbero in cura la paziente hanno eseguito i trattamenti sanitari in maniera assolutamente corretta e come prescritto dai protocolli clinici”. Questo è l’atto inviato dal legale dell’azienda all’udienza che si è tenuta di rencnte in sede civile davanti al Tribunale di Catanzaro relativa al caso di Catia Viscomi, giovane oncologa soveratese ormai in coma da due anni in seguito al parto cesareo del suo primo bimbo all’ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro, il 7 maggio del 2014.

L’azienda ospedaliera catanzarese ha dunque adottato, in sede civile, la strategia difensiva della “assoluta correttezza” dei protocolli clinici nella vicenda di Catia, che entrò sanissima in sala operatoria e ne uscì in coma permanente perché – come emerge dalla stessa ricostruzione della ctu del pm Debora Rizza e poi dall’ordinanza del gip che dispone la prosecuzione delle indagini, oltre che dalle stesse testimonianze del personale ospedaliero sentito in sede di informazioni sommarie – il suo cervello rimase per lunghi minuti senza ossigenazione a causa di un errore nella gestione del respiratore unito alla mancanza degli allarmi, abbassati perché a quanto risulterebbe generalmente all’anestesista avrebbero dato fastidio. E se la ctu posta a base della requisitoria del pm parla espressamente di “negligenza e imperizia” dell’anestesista Loredana Mazzei, in seguito deceduta, questo sembra stridere in maniera netta con la versione fornita ora dall’a.o. in sede civile.

Sorpreso e costernato da questa ennesima porta in faccia, soprattutto laddove si usano disinvoltamente termini come “verità e giustizia”, il marito di Catia, Paolo Lagonia, che sta portando avanti insieme ai familiari della moglie una battaglia proprio per ottenere entrambe. “Se non si trattasse di una tragedia, adotterei il motto “una risata vi seppellirà” – continua Lagonia – di recente intervistato da tutte le tv e i media nazionali sulla vicenda di Catia, che non ha mai potuto abbracciare il loro bimbo di due anni. Nel frattempo proseguono le indagini in sede penale, con ancora tre mesi di tempo, fino al prossimo luglio, per i tre consulenti nominati dal pm per chiudere il cerchio e stabilire se vi siano o meno altre responsabilità oltre a quelle dell’anestesista, come chiedono i familiari di Catia indicando tanto nella responsabilità di equipe in sala operatoria, tanto in quelle amministrative di chi avrebbe dovuto rimuovere prima la Mazzei dal suo delicato incarico, due elementi ancora da chiarire. 

Teresa Pittelli

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