Al Supercinema di Soverato è di scena Youth di Paolo Sorrentino. In lizza a Cannes, è un film da vedere, sentire, toccare, intenso e insieme “leggero”, drammatico ma sognante. E anche questa volta dopo La terra dei Santi e l’anteprima di Nanni Moretti con Mia Madre, la programmazione soveratese ci prende e azzecca la scelta. Tanto per cominciare, per la fotografia d’autore (direttore Luca Bigazzi); bella la colonna sonora, scene e molte inquadrature a volo d’uccello che ti piazzano dentro al film con la delicatezza però dei suoni della natura incontaminata in cui il film è girato. Un hotel immerso tra viali alberati e larghi spazi termali è il luogo dove s’intrecciano frammenti di vita di un direttore d’orchestra, Fred Ballinger, bloccato dal passato (Micheal Caine), del regista suo vecchio amico che lavora su un film-testamento (Harvey Keitel) e di un giovane attore in cerca di personaggio. Le loro storie si legano a quelle di altri ospiti dell’hotel: miss Universo, Maradona (si, proprio lui!) la figlia del direttore d’orchestra (interpretata daRachel Weisz) e una coppia di amanti “muti”.
Se la trama si tesse intorno al tema della memoria e del passato, “cosa succede ai ricordi col tempo?” è il leit motiv del film. Dimenticanze, incubi, sogni e momenti presenti rispondono con la forza della vita e attraverso la riscoperta del contatto diretto con le cose, attraverso la pelle e con il riconoscersi genitori e figli, amanti o solo amici anche solo attraverso una carezza. Il lavoro di Sorrentino, dopo il successo de La grande Bellezza, è anche un omaggio alla musica, un invito a riassaporare piano la vita, un inno all’armonia della natura (bella l’immagine di una Venezia “allagata”) perché tutto può ancora succedere. Allora quell’hotel sembra in fondo il luogo dei miracoli, un toccasana per la salute, un posto magico per fermare il tempo o salvare un amore. E se Ballinger dirige un coro di suoni di passeri e mucche, la coppia muta ritrova proprio tra i boschi l’amore, e Maradona che guadava da lontano, anzi dal passato una pallina da tennis, anche lui alla fine riprende a sognare.
Tra colpi di scena inevitabili e sorprese che non mancano, qual è la scena più bella? Quando il regista-amico si toglie il cappello davanti ai ricordi. E tutta l’azione cinematografica prende senso.
Anna de Fazio Siciliano