Fino alla fine del 2002 non esisteva un’organizzazione di ‘ndrangheta nella fascia ionica meridionale della provincia di Catanzaro e in particolare a Soverato. Sono stati gli appetiti arrivati dallo sviluppo turistico-commerciale ed edilizio a portare in questa zona, prima più o meno “oasi felice” rispetto a questo aspetto, la nascita di un vero locale di ‘ndrangheta. Ad affermarlo è il gip Antonio Battaglia che nei giorni scorsi ha firmato l’ordinanza con la quale dispone la custodia in carcere di Davide Sestito (già detenuto a Siano per altri reati), con l’accusa di sequestro e omicidio del ventinovenne Giuseppe Todaro, a pochi giorni dal Natale del 2009, in concorso con altri soggetti, ritenuti boss o affiliati alla cosca Sia-Tripodi-Lentini-Procopio.
Secondo l’ordinanza del gip del Tribunale di Catanzaro, in particolare, alcune imponenti opere pubbliche viarie come la cosiddetta Trasversale delle Serre, la modifica al tracciato della strada statale 106, oppure la costruzione di parchi eolici per fare alcuni esempi, hanno apportato ingenti “risorse economiche e finanziarie in aree tradizionalmente depresse, contribuendo a scatenare il desiderio di dominio della malavita organizzata locale, che assume le connotazioni dell’associazione ‘ndranghetistica”. Prima del 2002, insomma, la zona del soveratese indicata dai giudici come quella che comprende Soverato, Davoli, S. Sostene, Montepaone, Montauro, Gagliato e Guardavalle, più quella delle pre-serre con Serra S. Bruno, erano libere da un’organizzazione ‘ndranghetistica locale, anche se sottoposte a una sorta di “protettorato” della cosca Gallace-Novella di Guardavalle.
Proprio dalle spaccature sorte per contrasti e rivalità tra le due famiglie facenti capo a Vincenzo Gallace e Carmelo Novella, dai primi anni del 2000, arrivano a Soverato la ‘ndrangheta con propri “locali” e poi la “faida dei boschi” che ha lasciato sul terreno decine di tentati omicidi e morti ammazzati. Incoraggiato da Novella, secondo l’ordinanza del gip, il defunto Vittorio Sia (ucciso nel 2010 in un agguato a colpi di kalashnikov a Soverato superiore) prende l’iniziativa di costituire un locale, cioè “un’organizzazione di stampo mafioso radicata sul territorio e collegata ad altri locali secondo uno schema piramidale proprio dei gruppi societari”. I suoi appartenenti, battezzati secondo il rito mafioso, sono chiamati anche “cristianazzi”, racconta l’ordinanza, ovvero uomini d’onore nel gergo ‘ndranghestistico. Secondo i giudici Sia appariva spalleggiato in questa operazione da Michele Lentini, legato a Fiorito Procopio di Davoli, suo suocero, e Maurizio Tripodi, legato alla famiglia Vallelunga di Serra.
Una mossa ovviamente sgradita a Gallace, che a sua volta replica con la costituzione a Soverato di un locale “alternativo”, affidato secondo l’ordinanza del gip a Domenico Todaro, i figli del quale, in particolare il defunto Giuseppe, si inseriscono nel traffico di stupefacenti della zona. E la cocaina secondo la lunga ricostruzione dell’ordinanza – che richiama le precedenti acquisizioni delle operazioni “Showdown” – torna in ballo molto spesso nelle vicende che hanno scatenato la feroce faida dei boschi. I due gruppi Sia-Procopio e Gallace-Todaro, infatti, per alcuni anni non belligeranti – anche per questioni di contiguità tra paesani e parentele – nel 2009 entrano in scontro per il predominio sul territorio, anche se ad accendere la miccia è una banale lite sul presunto mancato pagamento del cantante che si era esibito al matrimonio della figlia di Domenico Todaro, pagamento sollecitato da Fiore Procopio e dallo stesso Sia.
Ma sono le attività criminali e soprattutto lo spaccio di cocaina nel soveratese a contrapporre i due gruppi. Spaccio che non a caso secondo l’ordinanza che richiama le dichiarazioni dei pentiti era stato al centro di un’aspra disputa tra Vittorio Sia e Giuseppe Todaro, pochi mesi prima della sparizione di quest’ultimo, avendogli intimato Sia di non spacciare più a Soverato. Mentre sempre le ricostruzioni dei collaboratori, ritenute nel complesso affidabili e concordanti dall’ordinanza, narrano dell’imposizione di mazzette e assunzioni, oltre che danneggiamenti di mezzi di cui un escavatore appartenente ad Antonio Chiefari, alle ditte che in quegli anni erano impegnate nei lavori di costruzione della trasversale delle Serre.
Un quadro che nel complesso, con l’ultimo tassello del presunto coinvolgimento di Davide Sestito nel sequestro e omicidio del cognato Giuseppe Todaro (compagno della sorella della moglie di Sestito), dopo le acquisizioni di questi anni e di questi ultimi mesi da parte degli inquirenti coordinati dalla Dda di Catanzaro per il gip sembra ormai chiaro. Resterà da vedere, ora, l’esito giudiziario di questo nuovo elemento, oltre che di altri ancora in corso come la fase di appello del processo Showdown concluso in primo grado con varie condanne per associazione mafiosa dei presunti boss e affiliati, per scrivere davvero la parola fine, almeno dal punto di vista giudiziario, sulla guerra di mafia del soveratese.
Teresa Pittelli