Baldo Esposito: “Siamo all’anno zero, giusto copiare da modelli più avanzati”.
Sì alla legge regionale per il rimborso del parto extra-ospedaliero e per migliorare l’assistenza alla nascita in Calabria, dal periodo pre-concepimento a quello dopo parto. Un primo risultato importante portato a casa dalle donne in occasione del convegno Il percorso nascita nelle province di Cosenza e di Reggio Calabria organizzato nei giorni scorsi dai rispettivi Collegi delle ostetriche alla Cittadella regionale di Catanzaro. Appuntamento promosso da numerose associazioni del settore materno-infantile, mamme, genitori e donne calabresi che chiedono un cambiamento nelle politiche sanitarie regionali, chiamando tutti gli attori coinvolti (operatori sanitari, politici, donne e famiglie) a impegnarsi ognuno per le proprie competenze a migliorare l’assistenza in linea con le disposizioni nazionali e regionali.
“Siamo all’anno zero ed è giusto copiare dai sistemi più avanzati: il modello di assistenza integrata deve essere il nuovo modus operandi in Calabria”, ha annunciato Baldo Esposito, vicepresidente commissione sanità del Consiglio regionale”. “Anche da medico dico che alcuni traguardi come il ruolo dell’ostetrica in consultorio o l’abbandono dell’episiotomia di routine sono atti di civiltà”, ha sottolineato Esposito, assicurando il suo impegno a portare avanti “un intervento legislativo coraggioso per dare seguito ai lavori di oggi”. Parole concrete, a conclusione dei lavori, anche da Michele Mirabello, presidente della commissione sanità del Consiglio, che ha confermato l’intenzione di “procedere celermente con la legge sul rimborso del parto in casa”, parlando di “punto di svolta della politica sanitaria regionale”. La legge sul rimborso del parto extra-ospedaliero è stata già presentata dall’associazione Infanzia e Adolescenza Rodari presieduta da Monica Zinno e dal Collegio ostetriche di Cosenza presieduto da Mimma Mignuoli, ed è ora sostenuta da circa 700 firme raccolte in poco più di un mese e consegnate ai politici e ai decisori presenti.
A introdurre i lavori del convegno – dopo il saluto di Carmela Barbalace, assessore regionale allo Sviluppo economico – è stata Mignuoli, che ha evidenziato l’importanza di costruire una rete territoriale per il sostegno alla donna e i primi mille giorni di vita del neonato, fondamentali per le sue prospettive di salute a breve, medio e lungo termine; a presentare i dati della prima indagine sulle donne calabresi condotta dai collegi delle ostetriche, invece, Anna Vitelli, coordinatrice ostetrica del consultorio familiare di Trebisacce, e Paola Infortuna, presidente collegio ostetriche di Reggio Calabria e responsabile del consultorio h12 di Melito Porto Salvo (Rc). I dati della ricerca sono stati illustrati da Michele Grandolfo, che ne è stato coordinatore, già dirigente ricerca dell’Istituto superiore di sanità.
L’indagine è stata condotta attraverso un questionario somministrato a tutte le partorienti e le neomamme nei mesi giugno-luglio 2015. E raccontano un modello regionale che – sia per pratiche ospedaliere inappropriate, sia per carenze di organico e di ruolo-chiave del territorio e della categoria ostetrica – non garantisce l’assistenza più appropriata ai bisogni e ai migliori esiti di salute. Se le linee guida raccomandano la presa in carico della donna da parte dell’ostetrica in collaborazione con il consultorio, il medico di famiglia e altre strutture di base che rappresentano la rete di assistenza integrata alla donna in gravidanza, in Calabria il 90% delle future mamme si rivolge direttamente al ginecologo e da questa figura, esperta in patologia, viene seguita per tutta la gravidanza.
Anche in conseguenza di questo, si nota un eccesso di controlli ecografici, almeno otto per il 50% delle intervistate e oltre otto per l’altro 50%, a fronte delle tre raccomandate dal Ministero della salute in gravidanza fisiologica. “Un eccesso che può comportare uno stato di ansia, a parte i dubbi relativi agli effetti sul bambino di un’eccessiva esposizione agli ultrasuoni”, ha commentato Grandolfo. Altro gap da colmare è poi la scarsa frequenza dei corsi di accompagnamento alla nascita, seguiti mediamente solo nel 20% dei casi (ma diventano il 60% quando il livello culturale include la laurea), giudicato dalle intervistate un’occasione formidabile per prendere coscienza del proprio corpo e di come funziona al momento del parto. E sempre la scarsa informazione è alla base della mancata assunzione di acido folico da parte di quattro donne su cinque nel periodo adeguato, ovvero nei mesi precedenti e nei primi venti giorni dal concepimento.
Nota dolente del sistema regionale anche il tasso di cesarei, modalità del parto di oltre il 35% delle intervistate a fronte del 10% di alcune regioni come il Trentino Alto Adige e di quel 12% indicato dalle linee guida come soglia massima oltre la quale non esiste alcuna ragione per ricorrervi. Un problema è rappresentato anche dal monitoraggio in continua durante il travaglio o l’episiotomia: il primo aumenta di cinque volte il rischio di finire in cesareo o in un parto operativo (in cui si utilizzano ad esempio forcipe o ventosa), la seconda può comportare per la donna un trauma psico-fisico. Ancora non ottimale (58%), poi, la percentuale di donne alle quali è consigliato e/o consentito il contatto pelle a pelle con neonato subito dopo la nascita, determinante nel buon avvio dell’allattamento. Nel complesso, il 36% delle donne definisce “ottima” l’esperienza di parto, quasi sempre nei casi di parto vaginale non operativo. Una quota che potrebbe e dovrebbe crescere alla luce delle indicazioni venute fuori dal convegno.
A cominciare da quelle di Caterina Masè, responsabile ostetrica sala parto all’ospedale di Trento, che ha descritto il percorso nascita organizzato nella sua provincia, con tanto di delibera provinciale e dell’azienda sanitaria, come sintesi di un tavolo di confronto tra donne e professionisti, arricchito dall’esperienza sul campo fatta in Danimarca, Olanda e Inghilterra. “La continuità assistenziale da prima del concepimento al dopo-parto ha ridotto gli aborti tardivi, i parti operativi e prodotto maggior soddisfazione nella donna nel 100% dei casi, all’interno di un modello basato sulla presa in carico da parte delle ostetriche e una valutazione dinamica del rischio eseguita da un’equipe multiprofessionale”, ha spiegato Masè. Un quadro insomma in cui il ginecologo se serve c’è, senza essere però figura di riferimento generale.
Anche Amelia Crucitti, dirigente del settore sanità della Regione Calabria, ha accolto con soddisfazione la proposta di legge sul rimborso del parto domiciliare come simbolo della libertà di scelta della donna e di un’assistenza più appropriata alla gravidanza fisiologica, parlando di “salute di comunità”. La riflessione sulla lontananza della Calabria da alcuni standard ottimali, e della volontà di stabilire un iter per raggiungerli, è stata quindi alla base dei successivi interventi di Giacomino Brancati (commissario asp Reggio Calabria), Eugenio Corcioni (presidente ordine dei medici di Cosenza), Giuseppe Perri (direttore generale asp Catanzaro, che ha messo in risalto anche i passi compiuti), Gianpaolo De Luca (presidente confederazione italiana pediatri, che ha parlato di “solitudine delle mamme” soprattutto nel post-parto). Fausto Sposato, presidente coordinamento Ipasvi Calabria, ha posto l’accento sulla crescita delle professioni sanitarie come veicolo di maggiore servizio al pubblico e, appunto, salute di comunità.
Spazio quindi alle mamme, donne e associazioni che hanno fortemente sostenuto l’iniziativa, affollando la sala oro della Cittadella regionale, tante con il pancione o i bebè al seguito. A cominciare da Michela Cericco, presidente dell’associazione La goccia magica dei Castelli Romani, che con il Camper rosa delle madri è arrivata dal Lazio a Catanzaro per testimoniare l’importanza del sostegno alla pari tra mamme e genitori. Giovanna Riso, antropologa e presidente del Comitato buona nascita, ha illustrato la petizione popolare per il rimborso del parto domiciliare, rimborso che è già realtà in varie regioni italiane e sarebbe ancora più importante in Calabria, dove non esistono al momento case-maternità. A concludere, infine, Monica Zinno, presidente della G. Rodari, entusiasta del “tassello posto oggi a un percorso nato nel 2014 e convita della svolta epocale segnata dal convegno che ha messo insieme le donne e le loro associazioni con i i professionisti del settore per un unico, sacrosanto, irrinunciabile obiettivo: la buona nascita”. A promuovere l’iniziativa, moderata da Alessandra Battisti, avvocato e legale dell’associazione Human Rights in Childbirth Italia, tantissime associazioni nazionali e regionali tra le quali Innecesareo Onlus, Acquamarina, Naturalmente Mamme, Donne in Cammino, Rasta, Comitato buona nascita, La goccia magica, Ovo (Osservatorio sulla violenza ostetrica), Mamme Consultorio di Trebisacce (Cs) e Human Rights in Childbirth.
Teresa Pittelli (fotogallery Cristina Masiani, Innecesareo onlus)