Camping Le Giare: non solo ricordo. Nardiello: “Come immaginare il futuro di questo territorio”.

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L'area appena riqualificata per ospitare la Memoria della tragedia del 10 settembre 2000

Oggi pomeriggio alle 17.30 si terrà a Soverato la commemorazione delle vittime dell’alluvione che il 10 settembre del 2000 travolse il camping Le Giare portando via con sé tredici vite, tutti volontari e disabili dell’Unitalsi di Catanzaro che stavano pernottando lì dopo aver festeggiato la chiusura del campo estivo. Ma per uscire dalla logica della commemorazione fine a se stessa occorrono atti: politici e amministrativi da parte di chi governa, di impegno civile da parte dei cittadini, per chiedere sicurezza e tutela del territorio dalle costruzioni forsennate, dalla mancanza di manutenzione di fossi e strade, dalla sottostima del rischio idrogeologico. L’amministrazione comunale guidata da Ernesto Alecci ha fatto sapere di aver riqualificato il luogo della strage, ora luogo di preghiera e memoria, dove tra poche ore si terrà la cerimonia di omaggio e ricordo per le vittime. Una cerimonia alla presenza di autorità religiose, civili e militari, e delle famiglie che a distanza di quindici anni piangono mamme, papà e fratelli scomparsi mentre prestavano il loro tempo per rendere un servizio volontario e solidale ai più deboli. Un anniversario quest’anno ancora più triste perché segnato dalla recentissima morte di Giuseppe Petitto, regista del docufilm Tredici proprio sulla strage del camping Le Giare, scomparso in un incidente stradale a Pietragrande (Cz) il 2 settembre scorso.

un sogno meraviglioso
Domanda. Cosa pensa che occorra fare per non dimenticare, uno scrittore e giornalista impegnato come Pietro Nardiello, che ha scritto un libro sul camping e sui fatti de Le Giare, presentato a luglio a Soverato?

Risposta. Sono trascorsi quindici anni da quella drammatica notte del settembre 2000. Cosa rimane del Campeggio Le Giare oltre che il ricordo di chi ha vissuto quei luoghi, di coloro che hanno perso un proprio caro? E’ una storia all’italiana, di un Paese capace di indignarsi solo nel momento successivo all’emergenza. Poi? Ci si lecca le ferite e si volta pagina. E dall’indomani si fa tutto come prima o peggio di prima. L’Italia non è un Paese, uno Stato robusto, ma unito solo sulla carta.
Secondo Lei quindi è una tragedia che non è servita a cambiare le politiche del territorio?
Non riusciamo ancora a prendere decisioni forti e impopolari. Abbiamo ridotto i luoghi della rappresentanza politica in agorà dove si va per spartirsi prebende da distribuire alle proprie consorterie e clientele. Quando racconto di una Calabria metafora dell’Italia, lo faccio con quel sentimento di passione e rabbia di chi è orgogliosamente meridionale e si sente anche un po’ calabrese. Credo che la mia terra, la Campania, e la Calabria, siano diventate dei semplici spot nazionali. In Campania c’è la terra dei fuochi, figlia di una “crisi” rifiuti programmata a tavolino: ma nessun c’è alcun passo in avanti per la bonifica. Altrettanto in Calabria: basta un nubifragio violento come quest’estate e interi paesi vengono inghiottiti dal fango. Ma poi non si avvia una sana azione di repressione e prevenzione contro chi distrugge il territorio costruendo ovunque.
Ma il futuro della Calabria da dove dovrebbe passare?
Sicuramente non dall’edilizia come unico settore economico trainante, né dalle trivellazioni petrolifere che qualcuno al governo comincia a prospettare. Ogni volta che sono in Calabria scopro qualcosa di nuovo. Un paese, una chiesa, un’area archeologica, un lembo di terra ancora incontaminato e tante nuove realtà giovanili che ce la vogliono mettere tutta per non essere costretti a emigrare. Ragazzi che con professionalità provano a produrre del buon vino, offrire ricettività, a fare rete museale e altro. Ma c’è la volontà politica di lasciarli lavorare e crescere? Ecco da dove dovrebbe passare il futuro della Calabria.
Da sin. il regista Renzo Carone e lo scrittore Pietro Nardiello lo scorso luglio a Soverato
Da sin. il regista Renzo Carone e lo scrittore Pietro Nardiello lo scorso luglio a Soverato

Tornando a “Le Giare”, oltre al ricordo come andare più a fondo nella tragedia, perché non si ripeta?

Credo che tante responsabilità importanti l’abbiano fatta franca. Penso che ci sarebbero tante cose da tirar fuori. Mi sembra, che in una perizia voluta dal Tribunale di Catanzaro, il Campeggio Le Giare era stato individuato come luogo di accoglienza in caso di disastro naturale. Un paradosso che aiuta a comprendere che tanto sarebbe dovuto venir fuori. Per quanto riguarda il mio lavoro editoriale (Un sogno meraviglioso, Graus Editore), ho preferito raccontare il mio viaggio in Calabria come l’ho vissuto: la scoperta di un territorio misterioso dove viene fuori la bellezza. Raccontare il bello per entusiasmare i ragazzi, per poi scuoterti quando ti rendi conto che quel bello non c’è più. Adesso il regista Carone ne vorrebbe fare un film, e il libro ha ricevuto una menzione d’onore alla quarta edizione Internazionale di Poesia e Narrativa del Club della Poesia di Cosenza. Ritornerò in Calabria a ottobre, sarà a Vibo e Tropea il 15, a Zagarise e Catanzaro il 16 e a Cosenza il 17, per parlare ancora del libro e di questi temi.
Oreste Montebello

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