Minori in fuga da fame e guerra: quei numeri che non fanno notizia. Se non con una foto shock

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Avevamo pubblicato mercoledì il foto-reportage di Oreste Montebello sullo sbarco, la sera precedente, di 109 migranti sulle coste di Roccella Ionica; giusto poche ore prima, quindi, che la foto del piccolo Aylan Kurdi, il bimbo siriano di tre anni trovato cadavere sulla spiaggia di Bodrum in Turchia, annegato insieme alla mamma e al fratellino mentre tentavano di raggiungere su un barcone la Grecia, deflagrasse su tutte le home page dei profili social e dei giornali del mondo. E che Il Manifesto ci facesse una prima pagina da pugno nello stomaco, dal titolo tanto geniale quanto terribile (“Niente asilo”), scatenando il dibattito sull’opportunità o meno della scelta (io la condivido, perché a mio parere abbiamo il compito di non nascondere l’orrore, per quanto male faccia, pur comprendendo chi ritiene inaccettabile l’idea che per scuotere le coscienze occorra arrivare a tanto).

Il nostro reportage parlava di persone in gran parte in fuga dall’Africa sub-sahariana, dove imperversano guerra, instabilità politica e carestia. Ben 37 dei nuovi arrivati erano minori, bambini e adolescenti non accompagnati da alcun parente, o perché i loro genitori hanno creduto che l’unico modo per risparmiarli dalla morte o da una vita molto difficile fosse farli fuggire a bordo di un gommone, o perché talvolta i genitori e i familiari questi bambini li hanno persi, forse nel lungo viaggio che dal Sudan, dall’Eritrea e dagli altri paesi dai quali fuggono li porta prima in Libia, poi a imbarcarsi per l’Italia. Un insieme di storie, volti e grande coraggio raccolte dagli operatori di “Save the children” presenti a Roccella, che si incaricano del primo approccio con i minori, ma anche di seguirne le sorti nei centri di accoglienza.

Sono solo 80 le letture che ha avuto quel reportage. Contro le migliaia tributate ad altri articoli, pur importanti ma su un piano totalmente diverso, dalle feste alla politica agli incidenti stradali (di cui pur è essenziale dare notizia, sia per l’importanza della prevenzione che per la denuncia sullo stato del nostro assetto viario spesso corresponsabile dei sinistri). Possibile, allora, che a vincerla sia davvero solo il voyerismo, come pensano alcuni colleghi che stimo? Possibile che se non c’è il morto in prima pagina – nella forma più tragica concepibile come quella di un bimbo piccolissimo riverso sulla battigia – questa immane tragedia degli uomini e delle donne e dei bambini in fuga dalla guerra e dalla miseria non interessa a nessuno? Intanto a Bruxelles qualcosa si muove, con la decisione comune della cancelliera tedesca Angela Merkel e del premier francese Francois Hollande di proporre la ripartizione obbligatoria delle quote tra stati Ue per ospitare circa 150 mila profughi siriani. Una proposta che però non è pacifica, ma avversata da alcuni paesi membri, Ungheria in primis, così come dall’Inghilterra di David Cameron. Che tuttavia ieri si è detto “profondamente commosso, anche come papà”, dalla foto della morte di Aylan, annunciando un cambio di linea e l’intenzione di accogliere migliaia di profughi siriani in più. E già. Ancora una volta, per commuoversi ci vuole la foto.

Teresa Pittelli

 

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