Sono bastate poche ore e un paio di passeggiate in piazza per raccogliere cento adesioni all’iniziativa per esprimere il dissenso sul “dehor” in piazza a Satriano anche nota come “il mostro”. “Un numero simbolico”, fanno sapere i promotori dell’iniziativa. Un po’ come i cento passi che separavano la casa di Peppino Impastato da quella di Tano Badalamenti. Più che cento firme, quelle portate a casa dall’associazione “Satrianamente”, sono cento pacche sulle spalle: “Bravi continuate così”, dice qualcuno. E già, perché a Satriano quello che in molti consideravano un fuoco di paglia si è rivelato, invece, un vero e proprio incendio: “Ci dicevano che tanto non servirà a nulla e che le cose rimarranno così come sono”. E invece…
Non è mai facile spiegare, a chi subisce quotidianamente la democrazia, che quella vera rifugge dagli attori non protagonisti: “Sono d’accordo con voi, ma il mio nome sul manifesto non lo metto”. Il mostro sorto in piazza Monumento non va giù alla maggioranza dei residenti e alla quasi totalità degli emigrati: “In Svizzera non avrebbero mai permesso una cosa del genere”, chiosa Armando Guarna, satrianese doc nonché sindaco di Tolochenaz, il paesino del Canton Vaud dov’è morta e sepolta Audrey Hepburn. Ed è per questa ragione che l’associazione Satrianamente ha inaugurato la propria pagina di Facebook con un manifesto, firmato dalla carica dei cento, per esigere spiegazioni: “Chiediamo un confronto pubblico con il sindaco, Michele Drosi, che siamo sicuri sarà capace di fugare tutti i nostri dubbi”. Per leggere il testo completo del “Manifesto dei cento” clicca qui. Resta a questo punto, da capire se l’amministrazione comunale accetterà l’invito a dialogare. Quello che è certo è che il movimento spontaneo di protesta ha già raggiunto molti degli obiettivi che si prefiggeva. Innanzitutto provare a far capire al titolare del bar che ha fatto costruire il mostro che non si tratta di nulla di personale. Non a caso, nel manifesto virtuale gli interlocutori dell’associazione sono gli amministratori, coloro che hanno permesso quello che usando le parole del vicesindaco di Satriano, Alessandro Catalano, potremmo per il momento definire un “presunto abuso”. E che l’aria che tira al Comune sia cambiata lo si potrebbe evincere proprio dalla conclusione del messaggio postato a Ferragosto da Catalano sul proprio profilo di facebook: “Io sono per ciò che piace e vuole la gente, anche quando significa fare un passo indietro”. Quello che non si capisce, invece, è perché il vicesindaco, invece di fare nomi e cognomi, si nasconda dietro accuse senza un preciso destinatario: “Non puoi protestare se sei il re (o la regina) degli abusi”. Quasi come si volesse sparare nel mucchio con l’obiettivo di impaurire tutti: “Noi non abbiamo paura”, incalzano i primi firmatari della petizione. Ed è per questo motivo che Catalano dovrebbe fare nomi e apportare prove alle proprie accuse assumendosi, di conseguenza, le proprie responsabilità. È questo quello che ci si aspetta da un vicesindaco: che difenda il territorio dagli abusi o presunti tali, siano essi in piazza, adiacenti alla chiesa, su corso Vittorio Emanuele II o alle ‘palazzine’.
Anche l’assessore Teodoro Basile che fino a poco tempo fa definiva “non bello, ma bellissimo” il mostro di Satriano sembrerebbe aver cambiato opinione, ed è stato avvistato in piazza con espressione contrariata: “Perché non provate a chiedere le carte al Comune?”, avrebbe chiesto. “Perché ci abbiamo provato e siamo stati diffidati. Ma non ci fermeremo”, avrebbero risposto i firmatari del Manifesto. Il nervosismo che ha serpeggiato nell’amministrazione comunale non risparmierebbe nemmeno Michele Drosi. Il sindaco di Satriano, infatti, è stato protagonista, sempre in piazza e sempre a pochi metri dal mostro, di un acceso scontro verbale con un satrianese residente a Ravenna: “Non sono arrivati alle mani ma non lo avevo mai visto così nervoso!”, assicura chi firma questo articolo che, suo malgrado, ha assistito alla scena.
Raffaele R. Riverso