Dagli States al Sila Festival: l’uomo che vuole esportare la magia del cinema e della montagna calabrese.

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Emigrato con la famiglia dalla sua S. Pietro Magisano (Cz) nella Milano del lavoro e della promessa di benessere, Raffaele Alberto si ritrovava a sognare il cinema già a 11 anni, quando con una cassettina al collo vendeva gelati al cinema “Loreto”. La priorità era però “guadagnarsi il pane”, come racconta lui stesso all’Esuberante.it, e nuove emigrazioni – questa volta negli Stati Uniti – attendevano la famiglia Alberto prima di approdare, dopo tanti anni, davvero al suo sogno. In mezzo c’è stata una carriera da imprenditore a New York che gli ha permesso di approdare anche a quella di produttore a Hollywood, patron della Aurelia Film Production. E un festival del cinema creato proprio a Magisano, nel cuore della Sila piccola, arrivato alla quarta edizione e dedicato quest’anno a Beatrice Tallarico, giovane venticinquenne del posto, conosciuta e amata da tutti, stroncata di recente nel giro di poche ore da un virus rarissimo, per studiare il quale Alberto ha istituito una borsa di studio.

Un festival cinematografico che sta crescendo, e che come spiega Alberto nel video è dedicato anche alla tutela dell’ambiente e alla valorizzazione del territorio, e che già per il 2017 il cavaliere sogna di portare a New York. A vincere la sezione lungometraggi è stato, il 4 settembre, il film di Ali Ilhan dal titolo Diventare italiano con la signora Enrica con Claudia Cardinale, per decisione della giuria presieduta dal noto art director Claudio Cosentino (nomination 2015 Adg Award), che negli stessi giorni ha assegnato premi anche nella sezione corti e documentari.

Straordinaria nell’ambito della serata del 5 settembre è stata la presentazione del libro Joe Petrosino, l’incorruttibile, scritto dal nipote Nino Melito Petrosino che al Sila Festival ha tracciato una vivida e inedita ricostruzione della vicenda umana e professionale del suo grande “zio Joe”,  l’indimenticabile poliziotto italoamericano morto nel marzo 1909 per mano della mafia, che gli tese un agguato in Italia dove era tornato in una missione top secret che avrebbe potuto infliggere un colpo definitivo alla Mano Nera, potente organizzazione criminale italo-americana che Petrosino aveva combattuto da protagonista determinante. “Era tornato da noi a Padula (Sa) in segreto, per farci visita prima di recarsi in missione in Sicilia – ha raccontato Nino Melito Petrosino – come mi raccontava mio nonno (fratello di Joe, ndr) che andò a prenderlo alla stazione. Quando la notizia uscì sul giornale lui capì che qualcosa forse era andato storto, ma di fronte alle insistenze dei nostri parenti nel restare a Padula e desistere dal viaggio in Sicilia, lui rispose che doveva fare fino in fondo il suo dovere, convinto che in Sicilia la mafia, come a New York, non si azzardasse a uccidere un poliziotto”.

Non fu così. Petrosino cadde a Palermo, prima vittima illustre della mafia tra le forze dell’ordine, dopo aver fatto scuola negli Stati Uniti nel contrasto al crimine organizzato, tanto che i suoi metodi – dai travestimenti ai vari modi di infiltrarsi – sono stati precursori degli attuali sistemi investigativi dell’Fbi, e che tanta è la gratitudine degli americani nei suoi confronti da non aver mai cambiato il nome “bomb squad” al reparto di polizia corrispondente alla squadra di artificieri da lui per primo creata. Una storia che inizia in Italia alla fine dell’800, quando il padre, sarto e dunque non in povertà, decise di portare la famiglia negli Usa per migliorare le loro prospettive di vita e crescita. Una storia che vede il fratello, padre di Nino, tornare in Italia e continuare la tradizione manifatturiera del padre, mentre Joe resta in America scalando con il suo coraggio e la sua genialità investigativa i gradi gerarchici della polizia di New York.

Un uomo con “l’ingenuità dei giusti”, con l’abnegazione del servitore dello stato al quale era riconoscente, che il nipote racconta in un intenso ritratto basato su fonti documentali e orali inedite e originali. E che viene onorato ora nella Casa Museo di Padula, aperta nel 2015 a cura dell’Associazione internazionale Joe Petrosino, l’unica in Italia dedicata a un rappresentante delle forze dell’ordine, con l’obiettivo di far conoscere a tutti l’esempio umano e civile di Joe Petrosino. “In quella casa ogni chiodo parla della sua storia”, ha commentato Nino Melito invitando tutti a visitarla a Padula,  contro la criminalità organizzata. Tra i tanti film dedicati alla figura del poliziotto, compresi quelli targati Rai, Nino Melito Petrosino racconta di aver preferito il film a puntate trasmetto in tv nel ’72 con il grande Adolfo Celi. “Dello sceneggiato mia mamma ebbe a dire – spiega l’autore del libro – hanno preso a zio Giuseppe da’ tomba!”.  Sia a Nino Melito Petrosino che all’Associazione sono andati i riconoscimenti del Sila Festival consegnati direttamente dalle mani di Alberto.

A patrocinare e applaudire il Sila Festival tanti comuni del territorio, con quello di Magisano in prima fila; presenti alla proiezione, tra gli altri,il vicesindaco Salvatore Tozzo, architetto pronto a illustrare con accuratezza appassionata i dettagli strabilianti della chiesa di antiche origini bizantine della Madonna della Luce, ndr), e il sindaco di Taverna Sebastiano Tarantino.

Teresa Pittelli (video a cura di Giorgio de Filippis)

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