Antonio Pascuzzo, cantautore catanzarese, autore degli album Rossoantico (2011) e Pascouche (2015), venerdì 29 Luglio, durante le prove precedenti l’esibizione al MGFF, dove ha ricevuto la Colonna d’oro per la musica, si è concesso al nostro taccuino per raccontarsi un po’.
Antonio questa sera ti esibirai al Magna Graecia Film Festival, nella tua città, con quali sentimenti?
“Voglio bene alla mia città ma cercherò di essere concentrato e a regalare qualcosa che emozioni me e provi ad arrivare a chi mi ascolta”.
Del MGFF che idea ti sei fatto?
“Veramente me la sono fatto tardi, solo qualche anno fa quando ho accompagnato Alessandro Mannarino. Poi ho conosciuto Gianvito Casadonte e ho avuto la conferma che si possono fare cose importanti a Catanzaro basta avere passione, determinazione, professionalità ed è importante anche saper parlare le lingue. Casadonte ce li ha”.
Nel 2015 il tuo primo album da solista. Cosa è per te Pascouche?
“In realtà ti do una notizia, anche Rossoantico, l’album precedente, è un mio album ma siccome ha dato il nome alla band, tutti hanno creduto fosse una collaborazione ed io ho assecondato questa cosa. Mentre però Rossantico è stata una raccolta di canzoni che scrivevo in modo amatoriale già ai tempi dell’università, con Pascouche avevo già deciso che non avrei fatto più l’avvocato, è stato uno slancio verso quello che faccio oggi”.
Quattordici brani, per ognuno una storia di vita importante ed un genere musicale diverso. Come si arriva a trovare la giusta sonorità per raccontare una storia?
“Con la ricerca. Quando tu fai un album puoi decidere di farlo in tre mesi oppure puoi decidere che l’album è prima di tutto importante per te ed è quello che io penso. Ci metto,quindi, il tempo che ci vuole, come i contadini aspettano le stagioni allo stesso modo io aspetto che una canzone arrivi alla sua maturazione. Il testo racconta una storia e la musica deve ambientarla”.
“Calabrisella mia ala fiumara non ti vitti chiùi” (dedicata a Fabiana Luzi). La violenza sulle donne sta diventando sempre più efferata, anche nella nostra terra?
“In realtà credo che oggi ci sia più attenzione della stampa ma la prevaricazione del forte contro il debole ci sia sempre stata. La canzone è un atto d’amore, non è un j’accuse contro gli altri, prende spunto da una canzone in cui la calabrisella faceva morire d’amore mentre, in realtà, c’erano una serie di calabriselle che morivano per colpa di questo amore”.
“A cosa serve un treno supersonico, ci porta in fretta via dalla felicità” (Alta felicità). Perché non sei favorevole all’alta velocità?
“Anzitutto perché non è sempre un servizio, chi oggi abita in provincia prende il treno nella sua città, se si fa l’alta velocità il treno ferma solo nelle grandi città e bisogna prendere la macchina e farsi 200 km per poter prendere il treno. Poi perché ci sono altre priorità, tu mi stai facendo l’intervista in una città capoluogo di regione che ha una linea ferroviaria a binario unico, senza energia elettrica, con quella che era la stazione principale ridotta ad un campo di erbacce e infine perché nessuno dice che migliaia di poliziotti sono li per difendere un interesse privato, cioè quello di imprese che stanno cadendo una dietro l’altra in una rete di indagini”.
“Un bacio ha gli occhi chiusi e non teme la galera” (Un bacio). Anche sulle unioni civili la tua opinione è molto chiara?
“Più che altro questa canzone, e questa frase in particolare, sono una risposta a Putin quando stava emanando le norme contro gli omosessuali”.
Credi veramente che la nostra Carta costituzionale stia “piangendo con il cuore in mano”? (Fado del partigiano).
“Fino a due anni fa uno dei comici più importanti d’Italia, premio oscar, la descriveva come la più bella del mondo. Il fatto che a modificarla siano queste persone che si sono cimentate è di per sé grave. Anche da avvocato credo che sia vergognoso che ci sia Verdini tra i padri costituenti. Io non mi auguro che Renzi cada, mi auguro soltanto che la gente gli dica di no”.
“La forchetta si spacca la schiena come la formica, la puntina come le cicale non cicale mica” (La forchetta e la puntina). Oggigiorno la cultura fa mangiare?
“La cultura fa mangiare e fa star bene se non si mette a mangiare la politica. Senza fare sviolinate in favore di Gianvito Casadonte, ci sono in Italia moltissimi esempi di iniziative culturali che fanno pil. La cultura smette di far mangiare quando i politici, invece di pensare ad una grande visione sulla cultura, danno il contentino ai singoli consiglieri, fanno la festicciola del quartiere, facendo a brandelli la voglia e la curiosità delle persone”.
Pensi che oggi parlando con il linguaggio della musica si riesca a guadagnare l’attenzione dei giovani?
“Quando si mina il sistema scolastico si produce una scuola mediocre che non può formare una generazione eletta, anche se ci sono tante eccellenze, è più eroico essere un giovane impegnato e di qualità oggi di quanto non lo fosse trent’anni fa. Ci sono, comunque, tanti giovani che fanno musica, che fanno arte, che si ritagliano i loro spazi”.
E nella nostra città vedi un fermento tra i giovani che possa ispirare una rinascita culturale?
“Si, l’importante è, però, che i giovani sappiano distinguere tra chi fa cultura e chi manovra cultura. Questo fermento non deve cessare, gli artisti catanzaresi hanno una grande occasione, devono aprirsi al confronto, la cultura è condivisione. Non vedo perché un giovane che viene da Catanzaro non possa fare qualunque cosa”.
Saverio Fontana