La Gran Bretagna è uscita dall’Unione Europea in seguito a un referendum popolare che ha coinvolto oltre trenta milioni di sudditi di sua Maestà. Non ho né titoli, né capacità, né voglia per effettuare un’analisi sociologica e politica del perché si sia votato in un modo piuttosto che in un altro. Non sono la persona adatta per fare previsioni su quello che tale scelta determinerà a livello politico e finanziario nel panorama mondiale. Resto comunque un po’ “basito” nell’osservare in qual modo i nostri mass-media abbiano prima dato e poi commentato la notizia. Inizialmente sembrava si trattasse di un referendum all’italiana, cioè una votazione priva di valore indipendentemente dall’esito finale. Escluso il caso della legge sul divorzio non riesco a ricordare consultazioni popolari che abbiano realmente inciso sul piano politico e abbiano prodotto realmente gli effetti richiesti dal popolo.
Successivamente i sondaggi hanno tranquillizzato un po’ tutti : “Avrà il sopravvento la volontà di restare in Europa!” Non ricordo elezioni il cui risultato sia stato correttamente previsto da exit – poll o proiezioni demoscopiche. Forse l’ultima volta che “hanno indovinato” è stata quando la Dc superava abitualmente il 40% dei suffragi. Poi al mattino con la prima colazione, così come previsto e grazie a scrutini svoltisi rapidamente e senza contestazioni, è arrivato il risultato definitivo: la scelta è lasciare l’Europa (Leave Win).
Addirittura alcuni giornali sono usciti con il titolo sbagliato, in quanto avevano chiuso la stampa in prima serata. I britannici hanno scelto, lo hanno fatto in maniera ordinata, democratica, con grande partecipazione emotiva. Hanno, in pratica, reso onore al concetto di referendum inteso come momento in cui, dopo confronto e discussione, a scegliere è il Popolo.
Invece tutte le nostre principali testate giornalistiche hanno basato ogni racconto sul concetto che non è né possibile né giusto votare nella maniera scelta dalla maggioranza degli abitanti della perfida Albione. In pratica i giovani, i colti, i ricchi, avrebbero votato bene, mentre i vecchi , gli ignoranti ed i poveri, “pancia del paese” avrebbero, pur votando male, ottenuto la ragione mostrandosi maggioranza. Addirittura è stato dato rilievo a una pseudo notizia in virtù della quale si sarebbe rapidamente tornati al voto, visto che i fautori del leave si sarebbero subito pentiti chiedendosi: “Cosa abbiamo fatto?”; si è anche sottolineato che la Scozia, l’Irlanda del Nord e Gibilterra (votanti in quest’ultima sede c.a. 33 mila) avendo espresso parere favorevole a breve si staccherebbero dal Regno Unito. Indubbiamente ogni manifestazione di volontà tramite voto merita analisi particolari e studi per comprendere quanto espresso dagli elettori, distinguere i vari flussi, le tendenze, i target e i loro orientamenti; ma non credo che il voto di un fruttivendolo possa essere ritenuto meno valido e giusto di quello di un architetto.
Ho visto persone con precise caratteristiche mentali e culturali votare per Ilona Staller, Renato Altissimo, per il Psdi di Longo…E questo soltanto per non fare riferimenti a periodi meno storicizzati e più vicini ai nostri tempi. Eppure nessuno hai mai contestato, in maniera potenzialmente razzista, la qualità o il peso di quelle espressioni di voto. Forse si vuole trasmettere un messaggio subliminale che spinga il popolo (anche quello di scarso livello culturale) a pensare che “Europa è Buono – non Europa è cattivo? La comunicazione è argomento molto importante. Lo è anche l’attività d’informazione che dovrebbe rappresentare lo strumento attraverso il quale ognuno viene posto in grado di acquisire gli elementi grazie ai quali formare una propria opinione. Da un ventennio, o forse anche di più, invece si utilizza lo strumento mediatico, televisioni, giornali, come mezzo per indirizzare in maniera precisa le idee degli spettatori/lettori. Il metodo “Maria De Filippi” è quello più in voga: sai già chi è bravo e chi non lo è, sin dalla presentazione dei protagonisti segui la trasmissione tifando per i buoni o per i cattivi. Concludere un ragionamento che riguarda la monarchica britannica citando i “tronisti” mi sembra perfetto: chissà cosa ne penserà la mia “insegnante” di giornalismo!
Giorgio de Filippis