Soverato, Tar da ragione al Comune su manufatto abusivo di dipendente comunale.

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Palazzo del Comune di Soverato

Si chiude in primo grado con la vittoria del Comune di Soverato il contenzioso davanti al Tar Calabria adito dalla ex responsabile dell’ufficio tecnico, che nel marzo 2015 era finita nel mirino dei controlli dei carabinieri della competente stazione e quindi della polizia municipale, per un fabbricato in costruzione ritenuto irregolare, e sul quale il Comune aveva emesso nel maggio seguente una prima ordinanza di demolizione. La dipendente comunale, responsabile del settore tecnico all’epoca dei fatti, aveva fatto ricorso al Tar contro l’ordinanza, difesa da Alfredo Gualtieri e Demetrio Verbaro. I magistrati, però, con sentenza del 19 febbraio scorso hanno dato ragione al Comune di Soverato, difeso dall’avvocato Domenico Calabretta, rigettando in toto i motivi del ricorso e condannando la parte soccombente al pagamento delle spese di lite al Comune, per oltre 4 mila euro.

Secondo i giudici del Tar di Catanzaro quella iniziata dall’architetto del Comune, Vincenza Chiaravalloti, che ne aveva chiesto autorizzazione – inibita – già nel 2008, era “un’attività edilizia che non poteva essere realizzata in virtù di scia”, cioè della mera segnalazione certificato inizio attività, in quanto nuova costruzione, che come tale dunque avrebbe necessitato del permesso di costruire. “La vicenda contenziosa non riguarda un intervento edilizio realizzato in forza di un titolo illegittimo, e cioé la scia, ma un intervento posto in essere in difetto di un titolo autorizzativo. Così inquadrata la vicenda – sostengono i magistrati amministrativi  – è irrilevante sapere se il Comune di Soverato potesse, in ragione della vigente normativa, annullare la scia del 5 aprile 2013, e dunque se il provvedimento di annullamento della scia sia o meno legittimo. Infatti, qualunque sia la risposta all’interrogativo – chiariscono i giudici – rimane che la ricorrente ha realizzato un nuovo fabbricato in assenza del necessario permesso di costruire”. Una ricostruzione che travolge dunque sia il ricorso principale contro l’ordinanza di demolizione che i motivi aggiunti relativi all’operato del Comune.

Da qui l’ulteriore statuizione del Tar secondo la quel “il Comune di Soverato poteva esercitare, come in effetti ha esercitato con la successiva ordinanza di demolizione del 10 dicembre 2015, i poteri repressivi assegnatigli dalla legge”, cosa che per i giudici mette al riparto l’atto del Comune dalle censure di illegittimità della controparte. “E’ giurisprudenza consolidata quella per cui l’ordinanza di demolizione di opera edilizia abusivamente realizzata costituisce doveroso e imprescindibile esercizio del potere sanzionatorio da parte della pubblica amministrazione”, scrivono i giudici, che hanno deciso quindi per l’improcedibilità del ricorso principale e per l’inammissibilità e il rigetto degli altri motivi. Tra le motivazioni addotte dal Comune, vicenda giudiziaria a parte, interesse dal punto di vista politico-amministrativo riveste l’affermazione per la quale “l’ente ha in itinere la redazione del piano strutturale comunale”, per cui qualsiasi attività in zona agricola, compresa quella oggetto di scia, deve necessariamente essere ricondotta al rispetto dell’art. 52, comma 2 l.r. 16 aprile 2002, n. 19, e dunque non potrebbe riguardare un lotto di misura inferiore a 10 mila metri quadrati.

Teresa Pittelli

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