Violenza? Non rispettare le idee e la diversità degli altri. Il Family day di De Filippis.

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Foto www.ilpost.it

Viviamo in un mondo dove ognuno è convinto di poter e dover far fare agli altri ciò che ritiene sia giusto.  Siamo corretti e rispettosi solo quando vinciamo ed ogni discussione ha, un senso soltanto se viene approvato il nostro punto di vista. Ove ciò non avvenga, studiamo mille sotterfugi e cavilli per ribaltare il risultato o, almeno, impedire agli altri di  mettere in pratica i loro assunti. La Violenza non è soltanto quella sanguinaria di chi uccide le persone mentre fanno jogging, oppure di chi maltratta i deboli approfittando del loro stato di sudditanza. La Violenza, nelle sue forme più eclatanti, è facile da condannare e trova tutti uniti nel definirla, a posteriori, ingiusta e assurda. Ma quando dobbiamo combattere la Violenza in quanto ultimo rifugio degli incapaci di ascoltare e rispettare le altre persone, ecco che i nostri comportamenti diventano un tantino manichei e/o democristiani.

La Televisione in un vecchio spot ci chiedeva se per noi fosse più importante che le mani di un chirurgo o di un barista o anche di un impiegato assolvessero bene al proprio compito oppure fossero di persone connotate da un preciso orientamento sessuale: oggi ci interroghiamo sul sesso dei genitori rapportato alle esigenze dei bambini. Invece di cercare di trasmettere valori positivi quali l’onestà, il rispetto del prossimo, l’umiltà, la capacità di anteporre, ove necessario, gli interessi generali a quelli dei singoli, discutiamo animatamente sul fatto che tali attività vengano svolte da un uomo e una donna, due uomini, due donne. A questo punto a quando la discussione sul numero esatto e giusto, “secondo Natura”, di genitori? Forse ne servirebbero tre o magari sei, un po’ come è accaduto nel mondo del calcio quando si è scoperto che un solo arbitro era insufficiente e che ne andavano utilizzati addirittura cinque…

Se fosse veramente importante per noi riuscire a far crescere degli esseri umani la domanda non sarebbe: “Quali abitudini hanno i genitori?”, bensì: “Le persone delegate dalla Società a “educare” un bambino ne sono realmente capaci?”. Che “bastan poche briciole, lo stretto indispensabile… E i tuoi malanni puoi dimenticar” in un noto cartone animato è un orso a insegnarlo al giovane protagonista; molti sono cresciuti credendo che tale frase sia giusta, anche se, forse, Baloo invece di amare un’orsa dal pelo del su  stesso colore, preferiva vivere da solo frequentando scimmie ed altri strani animali. La Violenza, quella vera e peggiore, consiste, forse, proprio nell’incapacità di vedere le numerose travi che giornalmente abbiamo nel nostro corpo, concentrandosi solo sulla negazione delle idee altrui ritenute pericolose, strane e fuorvianti. E la situazione peggiora nel momento in cui si cerca di validare determinati atteggiamenti puntando sul numero di persone che partecipano a una marcia o esprimono un’intenzione. Anche Cofferati, per chi ancora lo ricorda, portò un milione di persone in piazza: non mi sembra, però che “il Cinese” abbia poi inciso sulla nostra vita.

Il mondo non si cambia agendo sulle persone che hanno già accumulato cinque e più lustri di vita, bensì “educando” i bambini. Lo sanno bene tutte le religioni e le ideologie… I terroristi più temuti puntano direttamente sugli “under 15” per combattere le proprie battaglie. Non è un caso che i cambiamenti più radicali, nel corso dei secoli, siano nati sui banchi di scuola o nelle aule delle Università, in quelle rare occasioni in cui si è riusciti a coniugare, magari solo per un attimo, la Cultura e la Democrazia. La Violenza continua ad essere quella di chi è incapace di aprirsi al nuovo, di ipotizzare soluzioni diverse, di valutare l’impatto dei progetti innovativi in un’ottica di lungo periodo. Quando una giovane signorina inventò il “mocio” fu accusata, innanzitutto, di essere donna, poi di voler distruggere il classico “straccio per lavare per terra” danneggiando chi lo produceva, e infine di voler mutare uno stato di fatto che, in quel momento assicurava tranquillità, rispetto dei ruoli e… pulizia. Nel 1974 una signora mi abbracciò piangendo perché, con la Legge sul Divorzio, sarebbe crollata, di lì a poco, la Famiglia. Al momento dell’elezione di Obama un mio caro amico del KKK mi abbracciò piangendo perché, a breve, il mondo sarebbe stato travolto e distrutto. Sono, sinceramente, un po’ stanco di essere abbracciato da uomini e donne piangenti perché l’essere umano progredisce: la Violenza è anche l’ultimo rifugio degli incapaci di credere che negli occhi sereni di un bambino possa intravedersi un futuro migliore, anche se diverso da quello attuale, che permetta a tutti noi di muovere un piccolo, ma deciso passo, verso la Felicità.

Giorgio de Filippis

1 COMMENT

  1. Sono completamente d’accordo con lei che il futuro di una società civile e moderna si basi sul confronto rispettoso delle proprie opinioni con quelle altrui, ma siamo ancora molto lontani. Siamo in una fase di incontro di varie culture e lingue diverse, che prelude anche a scontri inevitabili, e tuttavia non riusciamo a dialogare fra cittadini dello stesso paese. Prevale “la mia idea è quella PIU’ giusta”, in mezzo a tante discussioni. La realtà è che la strada per la convivenza civile passa attraverso un lavoro sulla propria libertà interiore e non sul libertinaggio, sul comprendere dove finisce la mia e dove inizia quella dell’altro e questo è un allenamento che si fa in primis in famiglia, qualsiasi essa sia, e poi nella scuola, dove la voce di uno non dovrebbe prevaricare sull’altro, solo perchè è più capace di farlo. Questo avviene non solo con la prepotenza , ma anche spesso con la manipolazione, con la seduzione, con il vittimismo o con tanti altri mezzi.
    Perciò a mio parere è importante che gli adulti siano tali per poter crescere nuovi esseri umani e siano in grado di integrare famiglie tradizionali e arcobaleno o nere o verdi senza che nessuna di queste si giudichi la migliore… e chiamando però con il suo nome, in un mondo in cui si pensa di poter comprare tutto, il fatto che si paghi una donna che accoglie nel suo grembo un essere nuovo che per nove mesi beve non solo sangue e nutrienti, ma emozioni e pensieri e che viene “coltivato su misura” per un bisogno di conferme e di affetto da parte di adulti omo o etero che siano.
    Forse oggi non siamo più pronti a rinunciare, a viverci un vuoto doloroso? E parlo anche di me stessa…
    Grazie Giorgio per questo articolo

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