Soveratese: giornate clou per gli open day. Ma un’altra scuola è possibile?

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L'Asilo nel bosco

Tempo di open day, cioè di giornate nelle quali le scuole – anche qui sul territorio di Soverato – si “aprono” alle famiglie in visita, alle prese con la scelta dell’istituto più adatto a iscrivere i propri figli. Dopo gli open day dell’istituto salesiano, che si è portato avanti già da fine dicembre e proseguirà fino al 13 febbraio, con la novità della scuola elementare, oggi ultimo giorno di presentazione dell’istituto Maria Ausiliatrice delle suore Fma, con un’offerta che va dalla scuola d’infanzia percorrendo tutti i gradi fino al liceo linguistico e di scienze umane. In questi giorni tutti gli istituti, dal circolo primo all’istituto comprensivo Ugo Foscolo, dal liceo scientifico Guarasci agli istituti tecnici Malafarina e Calabretta all‘istituto alberghiero, stanno tenendo e terranno le loro giornate di orientamento (cliccare sui link per visualizzare i calendari degli incontri).

E così i genitori trascorrono questo periodo interrogando amici e conoscenti su questo prof. o quella docente, aspettando il famoso giorno open per un primo confronto con insegnanti e dirigenti, con i locali, con il clima che si respira in ciascuna scuola, cercando di arrivare alla scelta migliore possibile. Ma sulla base di quali criteri? Scuola pubblica o privata? Tempo pieno o no? Scuola sotto casa o scuola lontana ma più adatta? Scelta in base a dove va “il gruppo” classe (e già la parola “gruppo” non è che sia molto felice, per bambini di soli cinque anni), o scelta in autonomia? Sono solo alcune delle domande che vorticano nella testa dei genitori, mentre il tempo stringe ed entro fine febbraio occorre firmare il foglio di iscrizione.

Con particolare riguardo ai piccoli della primaria, la provocazione-riflessione lanciata da L’asilo nel bosco, una scuola primaria/progetto educativo/associazione con sede nel Lazio, che porta avanti in Italia un nuovo paradigma educativo, ha ricevuto nei giorni scorsi centinaia di commenti e condivisioni. Eccola in sintesi: “La nostra non vuole essere un’opinione che fa di tutta l’erba un fascio; si riferisce però a gran parte delle esperienze che conosciamo. La scuola pubblica così com’è non ci pare costruita attorno ai bisogni dei bambini. Parliamo di quella scuola dove un maestro si deve occupare di 25 alunni, dove ci si cura solo dell’aspetto cognitivo, dove i bambini stanno seduti e dentro quattro mura (sempre le stesse) per gran parte del tempo, dove si appiccicano frettolosamente etichette e dove si fanno diagnosi con troppa facilità (…), dove i pargoli vengono continuamente giudicati su parametri standard che non tengono conto della loro individualità e del loro talento, dove le arti sono marginali, dove le emozioni sono una cosa secondaria, dove le materie sostituiscono le esperienze, dove non possono entrare i dolci fatte dalle mamme mentre sono lecite merendine e biscotti industriali, dove è vietato giocare e dove la parola amore circola troppo poco”.

“La scuola di oggi a guardarla bene non è tanto diversa da quando nacque per opera dello stato prussiano per impedire che gli ideali della rivoluzione francese si diffondessero. Non è tanto diversa da quella finanziata da J. P. Morgan, H. Ford e Rockfeller perchè avevano bisogno di operai. Ci sono degli adulti che comandano e dirigono unilateralmente, ci sono le cattedre e le file di banchi, le ore scandite dalle campanelle, i bambini divisi in fasce d’età, mal si accettano le domande mentre è d’obbligo ripetere la lezione del maestro eccetera. La colpa di tutto questo, si dice nella Educacion Prohibida (documentario con una lettura critica sull’istruzione che sta facendo il giro del mondo tra educatori e insegnanti, ndr) non è dei genitori, non è degli alunni, non è dei professori, ma è di tutti noi. Ogni volta che ci giriamo dall’altra parte invece di ascoltare, ogni volta che preferiamo la meta al cammino, ogni volta che lasciamo tutto uguale invece di provare qualcosa di nuovo”, proseguono i docenti de “L’Asilo nel bosco”.

“Quando diciamo che la scuola non ci piace non stiamo accusando le maestre, ne abbiamo conosciute tantissime meravigliose, ma vorremmo stimolare tutti noi a fare la nostra parte non accettando passivamente quello che ci viene imposto da un legislatore che chiaramente, a parere nostro, non è dalla parte del popolo ma di un gruppo ristretto di persone che ha l’interesse a mantenere lo status quo. Insieme possiamo e il primo passo è cominciare a camminare verso i nostri sogni e le nostre utopie, ovviamente abbracciati. Ci piacerebbe molto stimolare una riflessione quanto più diffusa e profonda, anche e sopratutto per ascoltare opinioni diverse dalla nostra”, conclude l’associazione. E noi, su questo territorio, che opinione abbiamo della scuola? Quali riflessioni e suggerimenti? Si potrebbero ad esempio ripensare in modo totalmente diverso le esperienze della mensa scolastica nelle scuole pubbliche, tutte più o meno insoddisfacenti in questi anni, collaborando tra famiglie e istituzioni; si potrebbe avviare una riflessione sull’effettivo peso dato all’alfabetizzazione emotiva, informatica, musicale, alle esperienze motorie, visive ed artistiche. Manifestare in modo costruttivo idealità e bisogni, anche valorizzando le tante positività e risorse esistenti, con l’obiettivo di stimolare un dibattito pubblico da sottoporre all’attenzione delle istituzioni.

Teresa Pittelli 

 

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