“La notte scorsa grazie a Brendon Gawel e Renato Arcuri ho vissuto un sogno. Ho ammirato lo spettacolo della commedia dell’arte nel borgo di Davoli, un piccolo gioiello fra le colline dell’entroterra jonico. C’erano circa 300 persone nella piccola piazza, bambini, nonni, persone che guardano dai loro balconi. Hanno riso, abbiamo improvvisato in italiano… E poi dopo lo show, i nostri ospiti ci hanno trattato come se fossimo re. Ci hanno offerto le prelibatezze locali e ci hanno fatto visitare le piccole strade e i vicoli. Grazie Mille Brendon, Renato e Grazie Davoli”.
Esordisce così John Vincent Bellomo sulla pagina FB di Ombelico Mask Ensemble Italia questa mattina. John è un omone di chiare origini italiane che ha dato vita insieme al Capo Comico Renato Arcuri a Brendon Gawel, Janice Rabian, Olivia Damore, Darius Johnson, Angelo Aiello da Acri con i suoi pupi, Luca Scrivano con il suo violoncello, all’incursione della Ombelico Mask Ensemble Italia nel borgo di Davoli in occasione della II^ edizione di Sonore Alchimie, le pietre Parlano. E in questi due giorni le pietre a Davoli hanno ripreso a vivere, cantando e parlando. Il CID (creativi indipendenti davolesi) ha messo su una rassegna a tutto tondo condendo il tutto con la splendida ospitalità della popolazione di questo borgo medievale. Le case sono state aperte, portoni, cortili e chiese hanno ospitato opere ed istallazioni di artisti della nostra Calabria migliore, il tutto coordinato dalla professionalità e sapienza di Laura Caccia, curatrice della mostra. Nella prima giornata il borgo set d’eccellenza dei piccoli artisti che grazie a una sezione a loro dedicata “Baby painting, Pietre a colori” ha visto decine di bimbi impegnati nella decorazione delle pietre e immancabilmente di se stessi.
Ancora i saltimbanchi e i giocolieri e subito dopo lo spettacolo teatrale della serie Cabaret ti amo della compagnia i Sognattori diretta dal maestro Tonino Pittelli dal titolo Non ci resta che ridere. La seconda giornata ha avuto il suo inizio con le visite guidate alle opere degli artisti in cui gruppi di visitatori, guidati da Laura Caccia, si sono immersi in realtà artistiche, concettualmente diverse magari, ma con unico fine: la trasmissione di elementi positivi attraverso le opere installate tra le pietre di Davoli. Il percorso inizia in via Pittelli e si snoda lungo le viuzze contrassegnate da vele affisse su i muri e da pesci nati dalla fantasia del CID. I pesci, sospesi fra le case del borgo, sono uno dei tanti esempi di arte nata dal riciclo che è caratteristica degli Indipendenti Davolesi. Indicano la via artistica come mezzo per aggregare e connettere artisti e realtà solo geograficamente distanti. Il primo pesce ci porta alle opere di due donne, Marina Badolato con Punti di Fuga e Sabrina Marotta con Stasi sentimentale. Istallazioni che si fronteggiano una all’interno di uno stretto corridoio che porta ad una scala e l’altra al di sopra di un loggione. Continuando per via Pittelli un portale in pietra nasconde le Opere di Antonio Pittelli presidente del CID e poi finalmente nel cuore della manifestazione in piazza Santa Barbara dove spicca all’entrata dell’omonima chiesa un’istallazione di un artista Gaglianese, Mario Naccarato, che da anni lavora sulle materie base, le scova ricercandole durante le passeggiate in riva al mare dopo una tempesta. Isola e preserva in teche di vetro le pietre, il granturco, i rami trovati in campagna e quelli lavorati dalle acque ed infine le tele semplici o preziose. La sua opera impatta con i fedeli di Santa Barbara appena varcata la soglia del sagrato che qui si scontrano quasi con un tronco bianco di arancio. Con le radici piantate sulla pietra il relitto sembra rivivere attraverso l’esposizione, all’interno di una teca illuminata. Sembra che con quest’opera non si voglia perdere memoria, con grande capacità di riflettere l’intorno: la piazza, l’interno della chiesa, l’esterno, la vita ritrovata.
Tutto muta, il vociare in piazza si ferma. I bimbi a cui il giorno precedente il Maestro Pittelli aveva chiesto il silenzio in cambio di una bella storia si sono zittiti da soli. Sono otto personaggi, vestiti di nero e bianco con pantaloni da Ninja e bastoni decorati. Hanno le maschere e uno ha delle teste appese all’in giù intorno alla vita. Alcuni di loro parlano un italiano che ricorda quello parlato dai nostri migranti dopo cinquanta anni passati in America, altri invece parlano in inglese. Sono loro, l’ Ombelico Mask Ensemble Italia, la sorpresa. Il Capocomico attira la piazza presentando velocemente lo spettacolo e dal portone che ospita le opere fotografiche di Vincenzo Caroleo, Rosanna Papaianni e di Sabrina Marotta spinto da un fascio di luce entra in scena Ercole. Si comincia a confondere maschera e attore, personaggio e persona. A Davoli prende corpo la prima delle tante rappresentazioni che la compagnia porterà su piazze importanti italiane e statunitensi. La tradizione della tragedia greca incontra la Commedia dell’Arte applicata allo studio del teatro italiano nel progetto di drammaturgia internazionale: Ἄλκηστις (Alcesti). La tragedia di Euripide è unica nel suo genere, non solo perché è la più antica giunta fino a noi ma anche perché è l’unica tragedia che ha un lieto fine. Non poteva che essere questo il testo di ispirazione per un progetto unico nel suo genere e nella sua ambizione: fondere la tragedia con la Commedia dell’Arte in un progetto itinerante nel confine geografico italiano ma realizzato con la partecipazione di docenti e studenti statunitensi. Non mancano riferimenti attualissimi alla situazione socio-economica della vicina Grecia e alle nostre più radicate abitudini. Gli intercalari tipicamente italiani contaminati dalla tradizione linguistica calabrese rielaborati dagli studenti attori americani liberamente senza l’incatenamento al copione generando un continuo rapporto fra estrosità lessicale e rapporto continuo con la piazza, anch’essa protagonista in grado di sorprendere gli stessi attori.
La grandezza del teatro senza limiti fisici è in piazza a Davoli e Renato Arcuri che, nella veste di capocomico trasla interamente il suo ruolo nel XXI° secolo, una responsabilità, che va oltre la messa in scena, portando questo teatro verso le nuove tecnologie. La commedia dell’arte dalla strada si sposta nelle reti e nelle nuove piazze, quelle di internet, invadendo con la sua fisicità il web e riempiendo di significato i social network. La due serate di Sonore Alchimie si concludono con il concerto di Francesco Loccisano e il suo quartetto. La chitarra Battente è uno strumento antico che attraverso le dita abili di Loccisano ci fanno esplorare nuovi suoni di vecchie armonie. Insieme al basso di Silvio Ariotta, alle percussioni di Tonino Palamara e alla lira calabrese di Federica Santoro, Loccisano ci accompagna con armonie tipicamente mediterranee. Il concerto ha avuto un’incursione d’eccellenza davolese con la fisarmonica di Giuseppe Gualtieri che suona Gardel e Piazzolla.
Fra le istallazioni che più mi hanno colpito vorrei ricordare quelle di Luigi Rocca dal sapore felliniano, quelle nella chiesa sconsacrata di San Francesco di un gruppo di giovani artisti che hanno usato lo spazio della piccola chiesa per rappresentare il gioco della vita che è rappresentato da vesti bianche si trasfigurano attraverso il passaggio da corpi in anime. Le maschere di Giuseppe Nisticò, le composizioni accattivanti di Agnese Scultz, le fotagrafie di Caroleo e Papaianni. Sonore Alchimie anche per la seconda edizione ha sorpreso e al tempo stesso ha confermato il valore di queste iniziative. La riappropriazione dei nostri spazi, la valorizzazione del territorio passa attraverso queste intelligenti iniziative che si spera possano contaminare il resto del territorio.
Oreste Montebello